Vincenzo Rocciola Avila

Informazioni generali

Sono Vincenzo Rocciola Avila, avvocato penalista, civilista e amministrativista con anni di esperienza nella pratica giuridica. Il mio impegno è rappresentare al meglio gli interessi dei miei clienti, garantendo soluzioni giuridiche efficaci e personalizzate.Nel campo del diritto penale, difendo i miei clienti con passione e dedizione. Sono esperto nella gestione di casi penali di varia complessità, dalla difesa di accusati di reati minori alla rappresentanza in procedimenti penali complessi. Nell'ambito del diritto amministrativo, assisto privati, imprese e enti pubblici nella gestione di questioni legate all'attività amministrativ

Esperienza

Diritto penale

L'avv. Rocciola Avila per ogni caso sottoposto si impegna scrupolosamente a proteggere i diritti e gli interessi dei clienti coinvolti in procedimenti penali, nel garantire giustizia e nel fornire una difesa incrollabile. Che si tratti di reati minori o gravi, si impegna sempre al massimo nel mettere a disposizione la competenza per raggiungere il miglior risultato possibile. Come avvocato penalista, l'avv. Rocciola Avila è esperto nel rappresentare gli imputati e le vittime in procedimenti penali per una difesa vigorosa per coloro che sono accusati di reati e per proteggere i diritti.

Diritto civile

La mia esperienza in diritto civile copre una vasta gamma di settori, dalla gestione di controversie contrattuali e responsabilità civile alla consulenza su questioni patrimoniali, immobiliari e extracontrattuali. Ciò che mi rende forte in quest'area è una profonda conoscenza del sistema giuridico e una capacità analitica che mi consente di individuare soluzioni innovative e pragmatiche, sempre orientate alla tutela degli interessi dei clienti.

Separazione

Mi occupo di consulenza legale nel campo della convivenza coniugale, offrendo supporto in materia di diritti e doveri dei coniugi, gestione patrimoniale, adozioni, nonché in casi di separazione e divorzio.

Altre categorie

Divorzio, Diritto amministrativo, Omicidio, Violenza, Stalking e molestie, Truffe, Discriminazione, Sostanze stupefacenti, Diritto penitenziario, Diritto di famiglia, Eredità e successioni, Unioni civili, Matrimonio, Diritto assicurativo, Recupero crediti, Pignoramento, Contratti, Diritto tributario, Diritto del lavoro, Licenziamento, Appalti pubblici, Ricorso al TAR, Immigrazione e cittadinanza, Diritto condominiale, Risarcimento danni, Malasanità e responsabilità medica, Diritto dello sport, Mediazione, Negoziazione assistita, Gratuito patrocinio.

Credenziali

Caso legale seguito

Processo in Corte di Assise di Palermo

Processo nei confronti di extracomunitari accusati di omicidio plurimo

Palermo, strage in stiva: assolti i sette presunti scafisti. Cinque sono rimasti in carcere 3 anni e mezzo di ROMINA MARCECA E FRANCESCO PATANE' Da sinistra Luigi Campagnuolo, Bianca Maria Savona, Antonio Pecoraro, Cinzia Pecoraro, Vincenzo Rocciola Avila Si tratta del caso che riguarda il salvataggio effettuato dalla nave svedese "Poseidon", poi giunta al porto di Palermo il 27 agosto 2015 26 FEBBRAIO 2019 PUBBLICATO PIÙ DI UN ANNO FA 1 MINUTI DI LETTURA Cinque di loro sono rimasti in carcere dai 2 ai 3 anni e mezzo. Tutti assolti dalla corte d’Assise di Palermo, presidente Sergio Gulotta, i sette imputati per il naufragio del 24 agosto in cui morirono asfissiati 53 migranti. La procura di Palermo aveva chiesto cinque ergastoli e due assoluzioni. La corte ha invece ritenuto che tutti non fossero colpevoli dei reati di omicidio colposo plurimo, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e naufragio. In cinque sono stati immediatamente scarcerati dopo la lettura dela sentenza. L'indagine era stata coordinata dai pm Renza Cescon, Calogero Ferrara e Annamaria Picozzi. Le motivazioni verranno depositate fra novanta giorni e solo allora si saprà se, come nel caso delle assoluzioni per gli oltre 200 morti dell’altro tragico naufragio dell’agosto 2015, gli imputati erano sì gli uomini che guidavano la barca, tracciavano la rotta e comunicavano con telefoni satellitari per farsi soccorrere, ma lo facevano sotto la minaccia dei trafficanti di uomini che rimanevano in Libia e minacciavano i loro parenti. Una sorta di “scafisti per necessità”, come li ha definiti il giudice nel processo per i 200 morti del canale di S