Avvocato Federica Parente a Milano

Federica Parente

Avvocato esperto in materia di diritto del lavoro e sindacale

Informazioni generali

Il percorso formativo svolto e l'esperienza pluridecennale maturata in materia di diritto del lavoro e diritto sindacale, consentono all'avv. Federica Parente di garantire l'elevata qualità dei servizi legali offerti dallo Studio FPLaw di cui è fondatrice. La competenza, tuttavia, non è l'unico pilastro sul quale l'avv. Parente ha deciso di basare la propria professione. Per l'avv. Parente, infatti, l'etica e la trasparenza sono gli ulteriori elementi imprescindibili per instaurare un reale rapporto di fiducia con la clientela, i cui casi vengono sempre esaminati con la massima attenzione e nell'ottica di un risparmio dei costi.

Esperienza


Diritto del lavoro

Le imprese necessitano di un supporto efficiente e tempestivo nella gestione quotidiana del personale. Con tali caratteristiche metodologiche, l'avv. Parente presta attività di assistenza giudiziale e stragiudiziale, in favore delle imprese, rispetto a qualsivoglia tematica che possa riguardare il dipendente, l'agente o altra tipologia di lavoratore autonomo (ad es. contratti di lavoro, trasferimento del dipendente, mutamento delle mansioni, risoluzione del rapporto di lavoro). Parimenti, l'avv. Parente assiste i lavoratori subordinati e autonomi rispetto a tutte quelle vicende che possono riguardare la vita lavorativa.


Licenziamento

La risoluzione del rapporto di lavoro rappresenta un evento di difficile gestione tanto per le imprese quanto per i lavoratori. Le imprese, al fine di evitare o minimizzare gli impatti economici del recesso, devono formalizzare e motivare il licenziamento secondo quanto previsto non solo dalla normativa vigente ma anche dalla giurisprudenza che è in costante cambiamento. I lavoratori, d'altro canto, si trovano ad affrontare un evento traumatico sia per la propria vita professionale che personale. L'avv. Parente assiste quotidianamente imprese e lavoratori nella gestione di tale delicato momento del rapporto di lavoro.


Mobbing

Il mobbing rappresenta una pratica vessatoria posta ai danni del lavoratore che spesso si accompagna alla fattispecie del demansionamento. Entrambe le fattispecie, opportunamente dimostrate, consentono ai lavoratori di ottenere risarcimenti anche importanti. L'avv. Parente mette a disposizione la sua esperienza professionale al fine di assistere i lavoratori nella tutela dei propri diritti ma anche di prestare al datore di lavoro l'opportuna consulenza per evitare fenomeni che possono determinare gravi conseguenze per l'impresa.


Altre categorie

Diritto sindacale.



Credenziali

Pubblicazione legale

Licenziamenti illegittimi nelle Piccole Imprese: l’indennità sale fino a 18 mensilità

Pubblicato su IUSTLAB

Definizione di piccola impresa ai fini della determinazione dell'indennità di licenziamento Ai fini della disciplina sanzionatoria in caso di licenziamento illegittimo, è considerata piccola impresa quella che occupa fino a 15 dipendenti (5 nel settore agricolo) nell’unità produttiva o nel comune e che, ogni caso, in tutto il territorio nazionale, non occupi più di 60 dipendenti. Sono, tra gli altri, esclusi dal computo: gli apprendisti; il coniuge e i parenti del datore di lavoro (persona fisica) entro il 2° grado in linea retta e collaterale; i tirocinanti e gli stagisti; i lavoratori somministrati; i lavoratori autonomi e parasubordinati. I contratti a termine devono essere conteggiati tenuto conto del numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato impiegati negli ultimi 2 anni, sulla base dell'effettiva durata dei loro rapporti di lavoro. I dipendenti part-time devono essere computati in proporzione all'orario svolto, rapportato al tempo pieno. I lavoratori intermittenti devono essere computati in proporzione all'orario di lavoro effettivamente svolto nell'arco di ciascun semestre. Il computo dei lavoratori deve avvenire in ragione del parametro di riferimento della c.d. “normale occupazione” nel periodo antecedente (gli ultimi 6 mesi) al licenziamento. L’indennità di licenziamento per i lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 Per i dipendenti delle piccole imprese assunti prima del 7 marzo 2015 continuano a valere le tutele previste dall’art. 8 della Legge n. 604/1966: in caso di licenziamento illegittimo, il datore può scegliere se riassumere il dipendente entro 3 giorni oppure, in alternativa, corrispondergli un’indennità compresa tra 2,5 e 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Ai fini della determinazione dell’indennità il giudice deve tener conto di una serie di parametri: le dimensioni dell'impresa, il numero complessivo dei dipendenti, l'anzianità del lavoratore, il comportamento delle parti, nonché le condizioni complessive che hanno caratterizzato il rapporto. L’indennità di licenziamento per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015 Per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015, l’art. 9 del D.Lgs. n. 23/2015 (attuativo della legge delega n. 183/2014, c.d. Jobs Act) ha introdotto un sistema di tutela esclusivamente indennitaria. In caso di licenziamento illegittimo, al dipendente spetta un’indennità pari a una mensilità dell’ultima retribuzione utile per il TFR per ogni anno di servizio, con un limite massimo di 6 mensilità. Se il licenziamento risulta essere stato intimato in violazione della procedura prevista dall’art. 7 St. Lav., per i licenziamenti di natura disciplinare, l’indennità è ridotta: mezza mensilità per ogni anno di servizio, fermo restando il tetto massimo di 6 mensilità. Sentenza della Corte costituzionale n. 118/2025: cosa cambia per le piccole imprese Con la sentenza n. 118 del 21 luglio 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità parziale dell’art. 9, comma 1, del D.Lgs. n. 23/2015, eliminando il tetto massimo di 6 mensilità previsto per l’indennità di licenziamento a carico delle piccole imprese che non superano la soglia dimensionale dei 15 dipendenti. L’indennità di licenziamento, al di fuori dell’ipotesi prevista per il licenziamento intimato in violazione della procedura prevista dall’art. 7 St. Lav., può ora raggiungere fino a 18 mensilità dell’ultima retribuzione utile per il TFR. Con la sentenza in commento la Consulta ha dunque perseguito l’obiettivo di rafforzare la tutela economica dei dipendenti delle piccole imprese, ma lo ha fatto senza tenere pienamente conto delle specificità di queste ultime, che costituiscono la gran parte del tessuto produttivo italiano e rappresentano un segmento fragile ma strategico dell’economia. Il rischio è quello di un effetto disincentivante sulle assunzioni a tempo indeterminato, con conseguenze potenzialmente opposte a quelle auspicate dal Legislatore in occasione dell’introduzione del contratto a tutele crescenti. Resta poi ferma un’evidente disparità di trattamento tra i dipendenti delle piccole imprese assunti prima e dopo il 7 marzo 2015.

Pubblicazione legale

Licenziamento per soppressione del posto di lavoro: le lettere di licenziamento mal scritte costano caro alle aziende

Pubblicato su IUSTLAB

La fonte normativa Nell’ambito del diritto costituzionalmente garantito (art. 41 Cost.) di poter organizzare liberamente la propria attività imprenditoriale, il datore di lavoro può procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo (c.d. per GMO ), ossia al licenziamento determinato da ragioni inerenti all'attività produttiva , all'organizzazione del lavoro e al suo regolare funzionamento (art. 3 L. 15.7.1966, n. 604). Rientra nell’ambito dei licenziamenti per GMO il recesso datoriale esercitato per soppressione del posto di lavoro . Presupposti di legittimità del licenziamento per soppressione del posto di lavoro Il datore di lavoro che intenda procedere a un licenziamento per soppressione del posto di lavoro del dipendente deve essere consapevole che, in caso di impugnazione, sarà tenuto a dimostrare in giudizio: la ricorrenza, al momento del licenziamento , di reali ragioni di carattere economico ovvero di carattere tecnico-produttivo ; la riorganizzazione aziendale ; la soppressione del posto di lavoro; il nesso causale tra le ragioni addotte e la posizione soppressa; l’assolvimento del c.d. onere di repêchage . Le ragioni di carattere economico sono quelle finalizzate a garantire una riduzione dei costi o un incremento di profitti, mentre le ragioni di carattere tecnico - produttivo sono quelle finalizzate a garantire un aumento dell'efficienza del lavoro e della produzione (T. Milano n. 73/2018). A titolo esemplificativo, tali ragioni possono identificarsi nell’esigenza di: intervenire sullo stato di crisi economica in cui versa l’azienda; perseguire una migliore efficienza gestionale ; perseguire una gestione più economica dell’azienda ovvero un incremento della redditività mediante riduzione del costo del lavoro e/o di altri fattori produttivi; procedere a un ridimensionamento dell’attività produttiva, ad esempio a seguito della perdita dell’appalto o di commesse di lavoro. Le ragioni di carattere economico o di carattere tecnico-produttivo devono rappresentare la causa della modifica dell’assetto organizzativo aziendale, ossia della riorganizzazione (Cass. n. 10699/2017) La riorganizzazione può consistere nella (Cass. n. 15082/2016): decisione di impiegare nuove tecnologie che rendono determinate mansioni obsolete o comunque non più necessarie; esternalizzazione di determinate mansioni che, pur risultando ancora necessarie, vengono affidate a imprese esterne; soppressione del posto di lavoro o di un intero reparto o nella riduzione del numero dei suoi addetti rilevatosi sovrabbondamene rispetto all’impegno richiesto; diversa ripartizione di date mansioni fra il personale in forza, nel senso che invece di essere affidate ad un solo dipendente le stesse vengono suddivise tra gli altri dipendenti, ognuno dei quali se le vedrà aggiungere a quelle già espletate. La riorganizzazione aziendale deve essere all’origine del licenziamento e non costituirne un mero effetto di risulta (Cass. n. 24502/2011). È la riorganizzazione che, pertanto, comporta e si concretizza tramite la soppressione del posto di lavoro e non il contrario. La soppressione del posto di lavoro deve essere effettiva : non vi è soppressione del posto di lavoro nel caso in cui avvenga una mera sostituzione del dipendente licenziato con altro lavoratore assunto a minor costo, perché retribuito meno per lo svolgimento di identiche mansioni (Cass. SS.UU. n. 3353/1994; Cass. n. 3899/2001; Cass. n. 13516/2016) In relazione al presupposto del nesso causale tra le ragioni del licenziamento e la posizione lavorativa soppressa vi è da ricordare che, ove la riorganizzazione aziendale si identifichi nell’esigenza di ridurre personale omogeneo e fungibile , nell'individuare il lavoratore da licenziare, il datore di lavoro deve agire in conformità ai principi di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. (Cass. n. 11124/2004). Conseguentemente, il datore di lavoro deve prendere in considerazione, in via analogica rispetto a quanto previsto in materia di licenziamento collettivo, i criteri dei carichi di famiglia e dell' anzianità aziendale , salva la possibilità di prendere in considerazione criteri diversi, purché non arbitrari, ma improntati a razionalità e graduazione delle posizioni dei lavoratori interessati (Cass. n. 25192/2016). Infine, quanto all’ onere di repêchage , trattasi di un elemento inespresso a livello normativo che, tuttavia, trova giustificazione sia nella tutela costituzionale del lavoro che nel carattere necessariamente effettivo e non pretestuoso della scelta di recesso datoriale (Cass. n. 24882/2017). L’onere di repêchage impone al datore di lavoro di valutare, prima del licenziamento , la possibilità di adibire il lavoratore “colpito” dagli effetti della riorganizzazione aziendale a diverse mansioni e, pertanto, di “ offrire la mansione alternativa anche inferiore al lavoratore, prospettandone il demansionamento, in attuazione del principio di correttezza e buona fede, potendo recedere dal rapporto solo ove la soluzione alternativa non venga accettata dal lavoratore ” (Cass. 18904/2024). Il nodo centrale: cosa spesso “non funziona” nelle lettere di licenziamento per soppressione del posto di lavoro Molti licenziamenti per soppressione del posto di lavoro risultano giudizialmente vulnerabili a causa di una gestione superficiale della fase preparatoria. Spesso, infatti, le lettere di recesso finiscono per riportare motivazioni generiche o mutuate da casi giurisprudenziali del tutto estranei alla situazione concreta dell’azienda. Accade così che venga invocata, ad esempio, una “crisi economica non contingente” a fronte di bilanci in attivo, quando sarebbe stato sufficiente – se effettivamente ricorrente – richiamare l’esigenza di migliorare l’efficienza gestionale o di una razionalizzazione dei costi. Motivi non dimostrabili in giudizio determinano l’illegittimità del licenziamento: “ ai fini della legittimità del licenziamento […] l'andamento economico negativo dell'azienda non costituisce un presupposto fattuale che il datore di lavoro debba necessariamente provare […] ove però il licenziamento sia stato motivato richiamando l'esigenza di fare fronte a situazioni economiche sfavorevoli ovvero a spese notevoli di carattere straordinario ed in giudizio si accerti che la ragione indicata non sussiste, il recesso può risultare ingiustificato per una valutazione in concreto sulla mancanza di veridicità e sulla pretestuosità della causale addotta dall'imprenditore " (Cass. n. 25201/2016). Ugualmente, costruire ex post una riorganizzazione “di comodo”, non adeguatamente pianificata e documentata, indebolisce irrimediabilmente la difesa datoriale. È infine fondamentale adempiere in modo effettivo all’ onere di repêchage , tramite un esame approfondito dell’organigramma e delle posizioni disponibili, anche inferiori, formalizzando – se esistente – una reale proposta alternativa al lavoratore. #DirittoDelLavoro #Licenziamento #GMO #GiustificatoMotivoOggettivo #SoppressioneDelPostoDiLavoro #RiorganizzazioneAziendale #Repêchage #Impugnazione #GestioneDelPersonale #ContenziosoLavoro #ConsulenzaAziendale #HRLegal #Aziende #DatoriDiLavoro

Leggi altre credenziali (11)

Contatta l'avvocato

Avvocato Federica Parente a Milano
Telefono Email WhatsApp

Per informazioni e richieste:

Contatta l'Avv. Parente per sottoporre il tuo caso:

Accetto l’informativa sulla privacy ed il trattamento dati
Avvocato Federica Parente a Milano

Avv. Federica Parente

Telefono Email WhatsApp
Telefono Email WhatsApp

Lo studio

Federica Parente
Via Simone D'orsenigo 18
Milano (MI)

IUSTLAB

Il portale giuridico al servizio del cittadino ed in linea con il codice deontologico forense.
© Copyright IUSTLAB - Tutti i diritti riservati


Privacy e cookie policy