Avvocato Sofia Ramundo a Roma

Sofia Ramundo

Avvocato Penalista

Informazioni generali

Sono specializzata in diritto penale e diritto penale economico, con una particolare passione per le tematiche legate alla responsabilità degli enti ai sensi del D.Lgs. 231/2001. Nel coros delle mie esperienze mi sono occupata della gestione dei rischi penali e nella costruzione di modelli organizzativi efficaci, occupandomi anche di formazione 231 e di whistleblowing. Dopo la laurea aRoma Tre, ho proseguito la mia formazione con un Master in Diritto Penale d’Impresa alla LUISS Guido Carli (2024), che mi ha permesso di approfondire le dinamiche tra diritto penale e compliance. Collaboro come redattrice per la rivista solo231

Esperienza


Diritto penale

Sono specializzata in diritto penale e diritto penale economico, con una particolare sguardo verso responsabilità degli enti ai sensi del D.Lgs. 231/2001. Dopo la laurea a Roma Tre, ho proseguito la mia formazione con un Master in Diritto Penale d’Impresa alla LUISS Guido Carli (2024), che mi ha permesso di approfondire le dinamiche tra diritto penale, impresa e compliance. Attualmente collaboro come redattrice per la rivista online solo231


Truffe

Mi occupo di assistenza e supporto nei casi di truffe, offrendo consulenza e strumenti per tutelare le vittime e prevenire nuovi episodi.


Altre categorie

Diritto penitenziario, Violenza, Stalking e molestie, Omicidio, Discriminazione, Sostanze stupefacenti.



Credenziali

Pubblicazione legale

Decreto Legge “Terra dei fuochi”: uno sguardo alle novità ambientali contenute nel nuovo D.L. n. 116/2025

Solo 231

Il Decreto Legge n.116/2025 (Disposizioni urgenti per il contrasto alle attività illecite in materia di rifiuti, la bonifica della “Terra dei fuochi” e l’assistenza alla popolazione colpita da calamità) ha l’obiettivo di contrastare le attività illecite in tema di rifiuti. In particolare, con le nuove disposizioni, si intende impedire il dilagare delle predette attività delittuose nella c.d. “Terra dei fuochi”. Il territorio interessato è difatti quello dei comuni tra Napoli e Caserta, ove il rischio di progressione criminosa e di tossicità per la salute dei cittadini, arrivano a livelli elevatissimi. Nello specifico, l’art. 1 del nuovo decreto va a riformare il Testo Unico Ambientale (D.lgs. n. 152/2006), prevedendo una escalation criminosa, stigmatizzata in tre diversi reati: Abbandono di rifiuti non pericolosi (art. 255, comma 1), con sanzioni più severe e maggiori responsabilità per titolari d’impresa e responsabili di enti. Abbandono di rifiuti non pericolosi in casi particolari (art. 255-bis), punito con reclusione da 6 mesi a 5 anni quando si mette a rischio la salute, l’ambiente o si agisce in aree contaminate, con aggravanti per i soggetti qualificati. Abbandono di rifiuti pericolosi (art. 255-ter), si applica quando l’abbandono di rifiuti avviene in violazione di specifiche norme extrapenali. In tali casi è previsto un incremento della pena qualora dall’azione derivi un rischio per la vita o la sicurezza delle persone, oppure un danno significativo agli elementi fondamentali dell’ecosistema. L’aumento della pena scatta anche se l’abbandono si verifica in aree contaminate o potenzialmente contaminate. Inoltre, è prevista un’ulteriore aggravante per chi commette il reato in qualità di titolare d’impresa o responsabile di un ente. Ancora, l’art. 256 trasforma in delitti la gestione non autorizzata di rifiuti e le discariche abusive, mentre l’art. 256-bis inasprisce le pene per la combustione illecita. Anche la spedizione illegale di rifiuti diventa delitto (art. 259) con aggravanti per le attività organizzate (art. 259-bis) e responsabilità colposa (art. 259-ter). Sul piano amministrativo, l’art. 212 prevede sospensioni e cancellazioni dall’Albo nazionale dei gestori ambientali per chi viola le norme, con la sospensione della patente per chi commette reati con veicoli. Si sanziona anche l’abbandono di piccoli rifiuti, come mozziconi, grazie all’uso della videosorveglianza. Agli artt. 2 e 3 del decreto legge n. 116/225 vengono previste modifiche al codice penale ed al codice di procedura penale. In particolare, dal punto di vista del diritto penale sostanziale, viene ampliato il novero dei reati ostativi all’applicazione della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) Riguardo al diritto processuale penale, si rende applicabile l’istituto dell’arresto in flagranza differita, ai sensi dell’art. 382 bis c.p.p. ad una serie di reati come inquinamento ambientale, morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, abbandono di rifiuti non pericolosi in casi particolari, abbandono di rifiuti pericolosi, attività di gestione di rifiuti non autorizzata, combustione illecita di rifiuti, traffico illecito di rifiuti L’art. 4 amplia il ricorso alle operazioni sotto copertura per reati ambientali gravi, mentre l’art. 5 estende l’amministrazione giudiziaria antimafia anche ai beni connessi ad attività illecite in materia di rifiuti. L’art. 6 aggiorna il D.Lgs. n. 231/2001, con riferimento all’art. 25 undecies, in termini corrispondenti e conseguenti, alle modifiche sul piano della legge penale sostanziale. L’art. 7 introduce sanzioni per chi sporca o imbratta le strade, anche con piccoli rifiuti depositati dai veicoli, mentre l’art. 8 riguarda l’uso della carta nazionale del suolo per l’agricoltura. Infine, l’art. 10 autorizza 15 milioni di euro per il 2025 da destinarsi alla bonifica della “Terra dei fuochi” e al supporto del Commissario Unico. Concludono il decreto, gli artt. 10 e 11 dedicati alla devoluzione di contributi per zone colpite da eventi calamitosi e meteorologici, verificatisi a partire dal 15 settembre 2022 nella Regione delle Marche. In conclusione, il decreto-legge n. 116/2025 rappresenta un passo decisivo nella lotta contro le ecomafie e le attività illegali legate ai rifiuti, combinando un inasprimento delle pene, potenziamento degli strumenti investigativi e sostegno concreto alla bonifica. Solo con una normativa rigorosa e interventi strutturati sarà possibile tutelare la salute dei cittadini e l’ambiente, spezzando il circolo vizioso dell’illegalità che da troppo tempo affligge queste aree. Tuttavia, va riconosciuto che la sola repressione non basta: è fondamentale affiancare queste misure a una strategia integrata che coinvolga la prevenzione, l’educazione ambientale e la partecipazione attiva delle comunità locali. La “Terra dei fuochi” rappresenta non solo un’emergenza ambientale, ma anche una sfida sociale e culturale, in cui il recupero della legalità si intreccia con la promozione di uno sviluppo sostenibile e responsabile.

Pubblicazione legale

Posizione di garanzia del preposto: la gestione delle deleghe di vigilanza

Solo 231

Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna pronunciata dalla Corte di Appello di Torino nei confronti di un preposto, capo cantiere di una società, per violazione degli obblighi di vigilanza e sovraintendenza in materia di sicurezza sul lavoro, ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. a), del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81. La vicenda trae origine da un episodio infortunistico che causava gravi lesioni ad un lavoratore intento ad eseguire operazioni di pulizia presso un edificio comunale. In tale circostanza, l’imputato ometteva di vigilare sul corretto utilizzo di una scala a pioli doppia, lasciando che fosse impiegata in assenza di un secondo operatore deputato alla stabilizzazione dell’attrezzatura. Il lavoratore, posizionandosi a cavalcioni sulla scala per rimuovere ragnatele dalle finestre, perdeva l’equilibrio, precipitando al suolo e riportando lesioni personali di una certa gravità. La Corte territoriale riteneva integrata la responsabilità penale del preposto, ribadendo il principio per cui, in materia di prevenzione antinfortunistica, la figura del preposto riveste una posizione di garanzia funzionale alla tutela dell’incolumità dei lavoratori. Ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. e), D.Lgs. 81/2008, egli è chiamato a sovraintendere l’attività lavorativa e a garantire l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione ed esercitando un potere di iniziativa funzionale, in linea con l’assetto organizzativo aziendale. In tale prospettiva, la giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che il preposto risponde degli infortuni occorsi ai lavoratori, tutte le volte in cui sia titolare dei poteri necessari per impedire l’evento lesivo in concreto verificatosi (cfr. Cass. pen., Sez. IV, n. 12251/2015, De Vecchi) e ciò anche in relazione all’omesso impedimento di prassi lavorative non conformi alla normativa antinfortunistica. Nel caso in esame, le risultanze probatorie – tra cui le dichiarazioni della persona offesa, la documentazione fotografica e le deposizioni testimoniali – confermavano che l’attività svolta dal lavoratore infortunato fosse non solo coerente con le mansioni affidategli, ma addirittura eseguita sotto gli occhi del preposto, presente nel piccolo cantiere e, secondo le testimonianze, intento a operare nelle immediate vicinanze. L’imputato aveva sostenuto, in sede difensiva, l’autonoma iniziativa del lavoratore, richiamando le disposizioni dell’art. 20 D.Lgs. 81/2008 e deducendo l’interruzione del nesso causale in ragione di una condotta abnorme e imprevedibile. La Corte ha però correttamente escluso il carattere abnorme della condotta, richiamando un orientamento ormai consolidato secondo cui, ai fini dell’interruzione del nesso eziologico, non è sufficiente la mera violazione delle direttive datoriali da parte del lavoratore, occorrendo che la condotta si collochi del tutto al di fuori dell’area di rischio governata dal titolare della posizione di garanzia (cfr. Cass. pen., Sez. IV, n. 7012/2023, Cimolai; n. 33976/2021, Vigo). La Corte ha quindi ritenuto che l’attività di pulizia eseguita dal lavoratore rientrasse nel normale contesto delle lavorazioni affidate e non fosse espressione di un comportamento eccentricamente pericoloso o esorbitante rispetto alla cornice operativa del cantiere. La decisione in commento si inserisce nel solco di una giurisprudenza che attribuisce rilievo centrale alla funzione del preposto quale figura intermedia investita di una concreta posizione di garanzia, la cui omissione di vigilanza – anche solo per mancato intervento in presenza di comportamenti non conformi alla normativa antinfortunistica – integra profili di responsabilità penalmente rilevanti in caso di evento lesivo. Essa contribuisce, altresì, a consolidare il principio secondo cui la condotta del lavoratore può ritenersi interruttiva del nesso causale solo ove si ponga in termini di assoluta abnormità rispetto al rischio lavorativo governato, non potendosi invocare l’imprevedibilità ogni qualvolta il lavoratore si discosti, anche marginalmente, dalle direttive ricevute.

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Lo studio

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