Polizza vita, la ripartizione del capitale caso morte tra gli eredi

Scritto da: Simona Rubini - Pubblicato su IUSTLAB




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La giurisprudenza di legittimità e di merito, fino a pochi anni or sono, ha sempre ritenuto che in caso di polizza sulla vita, nell’ipotesi in cui per disposizione del contraente il capitale “caso morte” fosse da liquidare in favore dei suoi eredi (legittimi o testamentari), la prestazione assicurativa, salvo diversa e specifica indicazione, avrebbe dovuto essere divisa tra gli stessi in parti uguali (ex  plurimis cfr. Cass. 4484/1994, Cass. 9388/1994, Cass 15407/2000).

In questo contesto si veniva quindi a porre in evidente, netto contrasto la pronuncia Cass. 19210/2015 la quale affermava, invece, che il terzo beneficiario individuato con la formula di rinvio agli eredi (legittimi o testamentari), pur acquistando – ai sensi dell’art 1920, 3° comma, c.c. - un diritto proprio, non potesse ritenersi svincolato dalle regole successorie, con la conseguenza che la ripartizione del capitale assicurato dovesse essere effettuata nel rispetto delle quote ereditarie spettanti a ciascun erede e non, come in precedenza ritenuto, in parti uguali.

A supporto di tale diverso orientamento il Supremo Collegio deduceva che "nel contratto di assicurazione contro gli infortuni a favore di terzo, la disciplina secondo cui, per effetto della designazione, il terzo acquista un proprio diritto ai vantaggi assicurativi, si interpreta nel senso che ove sia prevista, in caso di morte dello stipulante, la corresponsione dell'indennizzo agli eredi testamentari o legittimi, le parti abbiano non solo voluto individuare, con riferimento alle concrete modalità successorie, i destinatari dei diritti nascenti dal negozio, ma anche determinare l'attribuzione dell'indennizzo in misura proporzionale alla quota in cui ciascuno è succeduto, atteso che, in assenza di diverse specificazioni, lo scopo perseguito dallo stipulante è, conformemente alla natura del contratto, quello di assegnare il beneficio nella stessa misura regolata dalla successione" (Cass. 19210/2015, in massima).

Successivamente a tale arresto, la giurisprudenza è, tuttavia, tornata nuovamente a pronunciarsi in conformità all'orientamento precedente (cfr. Cass. 26606/2016, Cass. 25635/2018).

E’ in questo contesto giurisprudenziale che il Supremo Collegio, con l’ordinanza interlocutoria n. 33195 del 16.12.2019, ha ritenuto opportuno rimettere la questione all’attenzione delle Sezioni Unite per giungere ad una stabile risoluzione della stessa atteso che “le due differenti interpretazioni dell'art. 1920 c.c., comma 3, conducono, a non indifferenti conseguenze economiche per i destinatari del vantaggio indennitario”.

In attesa che le Sezioni Unite si pronuncino definitivamente sulla questione e, comunque, anche in linea più generale, appare doveroso suggerire a tutti coloro che abbiano intenzione di stipulare una polizza sulla vita “caso morte” e, in particolare, a chi lo fa con l’intenzione di tutelare determinati specifici soggetti contro l’eventualità della scomparsa di chi rappresenti l’unica o la principale fonte di reddito, ad una maggior ponderazione delle modalità di individuazione dei beneficiari “caso morte” del contratto, per evitare che dall’utilizzo di formule generiche, possano derivare effetti diversi se non addirittura distorti rispetto a quelli avuti di mira.




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Simona Rubini

Avvocata a Milano




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