Polizza vita, la ripartizione del capitale caso morte tra gli eredi: la pronuncia delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione.

Scritto da: Simona Rubini - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

Pare doveroso tornare sull’argomento, già trattato in un articolo pubblicato tempo fa su questo sito, in cui si dava atto del contrasto giurisprudenziale formatosi sulla materia a seguito della sentenza n. 19210/2015 della Corte di Cassazione.

Con quella pronuncia, infatti, il Supremo Collegio, discostandosi dall’interpretazione pressoché univoca fino ad allora esistente, aveva affermato che il terzo beneficiario di una polizza vita, individuato con la formula di rinvio agli eredi (legittimi o testamentari), pur acquistando – ai sensi dell’art 1920, 3° comma, c.c. - un diritto proprio, non potesse ritenersi svincolato dalle regole successorie, con la conseguenza che la ripartizione del capitale assicurato dovesse essere effettuata nel rispetto delle quote ereditarie spettanti a ciascun erede e non, come in precedenza ritenuto dalla giurisprudenza, in parti uguali.

La questione, di estrema importanza ai fini della certezza del diritto, anche in ragione delle rilevanti differenze che può comportare l’applicazione dell’uno piuttosto che dell’altro principio, è stata rimessa e, quindi, risolta dalla Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la pronuncia n. 11421 del 30.4.2021 che, all’esito di un ampio e approfondito ragionamento che ha interessato anche altre questioni giuridiche che possono sorgere in sede di liquidazione di una polizza sulla vita, hanno così statuito:

“La designazione generica degli "eredi" come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in una delle forme previste dell' art. 1920 c.c., comma 2, comporta l'acquisto di un diritto proprio ai vantaggi dell'assicurazione da parte di coloro che, al momento della morte del contraente, rivestano tale qualità in forza del titolo della astratta delazione indicata all'assicuratore per individuare i creditori della prestazione.

La designazione generica degli "eredi" come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in difetto di una inequivoca volontà del contraente in senso diverso, non comporta la ripartizione dell'indennizzo tra gli aventi diritto secondo le proporzioni della successione ereditaria, spettando a ciascuno dei creditori, in forza della eadem causa obligandi, una quota uguale dell'indennizzo assicurativo.

Allorché uno dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita premuore al contraente, la prestazione, se il beneficio non sia stato revocato o il contraente non abbia disposto diversamente, deve essere eseguita a favore degli eredi del premorto in proporzione della quota che sarebbe spettata a quest'ultimo.”

La pronuncia del Supremo Collegio si spera possa essere di aiuto nella soluzione delle problematiche che, spesso, si presentano al momento della liquidazione delle polizze sulla vita.

E’ peraltro innegabile che la materia è estremamente complessa e, gli importanti interessi economici sottesi ai contratti di assicurazione sulla vita in uno con il fatto che, di norma, il momento di liquidazione del capitale caso morte viene effettuato dopo molti anni dalla stipula, quando le situazioni di fatto che hanno giustificato una determinata regolamentazione sono spesso radicalmente mutate, dovrebbe indurre i contraenti ad una maggior ponderazione dei criteri per l’individuazione dei beneficiari di una polizza caso morte e ciò non solo all’atto della stipula originaria del contratto ma anche in corso di rapporto.


 



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Simona Rubini

Avvocata a Milano




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