Avvocato Luana Giangregorio a Meolo

Luana Giangregorio

Avvocato

Informazioni generali

Avvocato esperta in protezione dei dati personali, diritto digitale e contrattualistica. Si occupa di assistenza giudiziale e stragiudiziale affiancando imprese e professionisti nella gestione legale dei processi digitali e tecnologici. Il suo approcio è rivolto alla prevenzione del contenzioso e alla tutela dell’immagine aziendale, anche rispetto a profili di responsabilità (civile e penale) legati alla gestione illecita dei dati, alla violazione di obblighi contrattuali e alla sicurezza informatica. Sebbene il suo focus professionale riguardi in particolare il diritto digitale, assiste anche realtà attive in altri settori.

Esperienza


Diritto civile

Accanto alle aree specialistiche in diritto digitale, offro un’assistenza strutturata in ambito civile, con particolare attenzione alla contrattualistica e alla prevenzione delle controversie. In particolare: - Contrattualistica generale - Tutela del credito e gestione degli inadempimenti - Responsabilità civile - Consulenza legale continuativa per professionisti e imprese


Diritto commerciale e societario

Offro assistenza a soci, amministratori, liquidatori e terzi su tutte le questioni di governance e gestione dell'impresa. Mi occupo di redazione e revisione di contratti specificamente calibrati sulle diverse aree di attività di impresa.


Diritto dell'informatica

Mi occupo di tutti gli aspetti giuridici legati all'uso delle tecnologie informatiche, come la tutela dei dati personali e della proprietà intellettuale, rapporti tra fornitori e utenti di servizi informatici e commercio elettronico.


Altre categorie

Diritto penale, Proprietà intellettuale, Privacy e GDPR, Contratti.



Credenziali

Pubblicazione legale

Il diritto all’oblio: cosa devono sapere i liberi professionisti

Pubblicato su IUSTLAB

Negli ultimi anni, il diritto all’oblio è diventato uno dei temi più dibattuti nel panorama giuridico, soprattutto in relazione all’espansione dell’ecosistema digitale. Per i liberi professionisti, che costruiscono la propria reputazione online e spesso si trovano esposti alla potenza dei motori di ricerca e delle piattaforme digitali, è fondamentale comprendere questa tematica per tutelare la propria immagine e quella dei propri clienti. Cosa si intende per diritto all’oblio? Il diritto all’oblio, sancito dall’art. 17 del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR), garantisce alle persone fisiche la possibilità di richiedere la rimozione dei propri dati personali da internet quando questi risultano non più pertinenti, inesatti, o lesivi della dignità personale. Si tratta di un diritto che mira a bilanciare l’interesse pubblico all’informazione con la tutela della privacy individuale. Per i liberi professionisti, il diritto all’oblio assume una valenza particolare, poiché un’informazione obsoleta, inesatta o negativa potrebbe danneggiare la reputazione professionale, influenzando negativamente le opportunità di lavoro e la fiducia dei clienti. Quali sono i casi più frequenti? I liberi professionisti possono trovarsi nella necessità di invocare il diritto all’oblio in diversi scenari: Recensioni o commenti diffamatori: pubblicati su piattaforme di opinione o social network, possono compromettere l’immagine professionale anche se basati su accuse infondate. Dati personali non aggiornati: informazioni lavorative non più pertinenti e che continuano a essere accessibili online. Articoli di cronaca o menzioni negative: anche in presenza di notizie veritiere, la loro permanenza online potrebbe risultare sproporzionata rispetto al tempo trascorso. Quando è possibile esercitare il diritto all’oblio? Non tutte le richieste di cancellazione possono essere accolte. È necessario rispettare determinati requisiti: la non rilevanza attuale dell’informazione: i dati devono essere considerati non più utili per l’interesse pubblico; l’esattezza dei dati: informazioni errate o fuorvianti possono essere rimosse; il bilanciamento con il diritto all’informazione: nei casi in cui l’interesse pubblico alla conoscenza prevalga, il diritto all’oblio potrebbe non essere applicabile (ad esempio, per figure pubbliche o situazioni di rilevanza sociale). Come tutelarsi e tutelare i propri clienti? Monitorare la propria presenza online: è fondamentale effettuare una verifica periodica delle informazioni disponibili su internet, utilizzando strumenti come Google Alerts o motori di ricerca specifici. Agire tempestivamente: nel caso in cui emergano contenuti dannosi, è consigliabile intervenire immediatamente con una richiesta formale di rimozione ai responsabili del trattamento dei dati (ad esempio, motori di ricerca o gestori di siti web). Affidarsi a un legale esperto: la gestione del diritto all’oblio richiede una conoscenza approfondita del GDPR e della giurisprudenza correlata. Un consulente legale specializzato può guidare il professionista nella redazione delle richieste e nell’eventuale contenzioso. Il ruolo della consulenza legale Per i liberi professionisti, il diritto all’oblio non è solo uno strumento di tutela personale, ma rappresenta anche un’opportunità per dimostrare ai propri clienti la capacità di gestire situazioni complesse legate alla privacy e alla protezione dei dati. Collaborare con un consulente esperto in diritto digitale può fare la differenza, sia per prevenire situazioni problematiche che per affrontarle con successo. Conclusione In un mondo sempre più digitale, il diritto all’oblio è una risorsa preziosa per i liberi professionisti che desiderano proteggere la propria reputazione e valorizzare il proprio brand personale. Tuttavia, la sua applicazione richiede un approccio strategico e competente. Affidarsi a un professionista del diritto è il primo passo per trasformare una possibile criticità in un’opportunità di crescita e credibilità. Il tuo successo professionale merita la massima protezione.

Pubblicazione legale

Contratti con fornitori digitali: come tutelarsi quando si usano software, piattaforme o cloud esterni

Pubblicato su IUSTLAB

Oggi quasi nessuna impresa può permettersi di lavorare senza strumenti digitali: CRM, gestionali in cloud, piattaforme per la fatturazione elettronica, e-commerce, sistemi di email marketing, hosting. Tutti servizi indispensabili, spesso forniti da terze parti esterne. Ma c'è un dettaglio che in molti trascurano: i contratti con questi fornitori . Sì, proprio quei documenti lunghi, pieni di legalese, che si accettano con un click senza pensarci troppo. In realtà, quei contratti regolano aspetti fondamentali per la sicurezza, la privacy e la continuità del tuo business . Ecco perché è essenziale saperli leggere, interpretarli correttamente e, quando possibile, negoziare clausole a tutela della tua attività. Perché i contratti con fornitori digitali meritano attenzione Usare un software in cloud o una piattaforma online significa affidare a un soggetto terzo: dati aziendali (spesso anche sensibili), documenti contabili, dati dei tuoi clienti, contenuti creativi, processi decisionali automatizzati. Il rischio non è solo tecnico , ma anche legale . Se il fornitore non garantisce adeguati livelli di sicurezza, responsabilità chiare e conformità al GDPR, la tua azienda potrebbe ritrovarsi esposta a violazioni, danni economici e sanzioni . 6 clausole contrattuali da analizzare con attenzione Vediamo ora le clausole più importanti da verificare (o chiedere di inserire) nei contratti con fornitori digitali: 1. Oggetto del contratto e descrizione del servizio Non dare nulla per scontato. Il contratto deve definire in modo chiaro : cosa include il servizio (e cosa no), i limiti di utilizzo, eventuali funzionalità opzionali, standard di servizio promessi. Attenzione : molti fornitori operano con condizioni "standardizzate". Se il contratto è troppo generico o ambiguo, potresti non avere strumenti concreti per far valere i tuoi diritti. 2. Disponibilità del servizio (SLA) L’ SLA (Service Level Agreement) stabilisce i livelli minimi di performance: tempi di attività del servizio (es. 99,9% uptime) tempi di risposta all'assistenza tempi di ripristino in caso di malfunzionamenti Perché è importante : se la piattaforma smette di funzionare e non ci sono penali o garanzie, la tua attività potrebbe restare ferma senza alcuna tutela. 3. Trattamento dei dati personali (GDPR compliance) Se il fornitore tratta dati per tuo conto (es. piattaforme cloud, CRM, newsletter), è tuo obbligo, come titolare del trattamento, verificare la sua conformità al GDPR . Devi: accertarti che il fornitore agisca come responsabile del trattamento sottoscrivere un Data Processing Agreement (DPA) conoscere dove sono localizzati i dati (UE o paesi terzi? ci sono garanzie adeguate?) verificare che siano in atto misure di sicurezza tecniche e organizzative Nota pratica : molti fornitori offrono un DPA "preconfezionato". Leggilo attentamente perché alcuni si limitano a tutelare se stessi, scaricando ogni responsabilità sul cliente. 4. Responsabilità e limitazioni È una delle sezioni più "delicate". Molti contratti contengono clausole di esonero da responsabilità , che limitano drasticamente il risarcimento in caso di disservizi, perdita di dati o violazione di sicurezza. Attenzione : se il tuo business dipende fortemente da quel servizio, valuta attentamente il rischio. Potresti aver bisogno di: estendere le responsabilità contrattuali prevedere penali in caso di inadempimento affiancare una polizza assicurativa professionale 5. Durata, rinnovo e recesso Assicurati che siano chiariti: la durata del contratto (es. annuale, mensile) le modalità di rinnovo (tacito? automatico? con preavviso?) le condizioni di recesso e le penali previste Obiettivo : evitare di restare vincolati a lungo termine a un servizio che non funziona o che non è più adatto alle esigenze dell’azienda. 6. Cessazione del servizio e portabilità dei dati Quando termina il contratto, cosa succede ai dati? hai diritto a riaverli? in che formato? entro quanto tempo verranno cancellati dai server del fornitore? sono previste spese per l’export dei dati? Una clausola chiara sulla portabilità e cancellazione dei dati è fondamentale per garantirti continuità e libertà. Checklist essenziale per tutelarsi Prima di firmare un contratto con un fornitore digitale, verifica se: Hai letto (davvero) le condizioni generali di servizio È chiaro chi è il titolare del trattamento e chi è il responsabile Esiste un DPA conforme al GDPR. Il fornitore offre SLA e livelli minimi garantiti Le clausole di recesso e responsabilità sono equilibrate È prevista la restituzione/cancellazione dei dati in caso di cessazione Conclusione: non sottovalutare il contratto solo perché è digitale Nel mondo dei servizi online, la firma è spesso digitale ma le conseguenze sono molto concrete . Un contratto ben strutturato con il tuo fornitore digitale è il primo strumento per prevenire controversie, tutelare i dati dei tuoi clienti e garantire la continuità della tua attività. E se il contratto ti sembra troppo complesso, rivolgiti a un esperto legale .

Pubblicazione legale

Contratti digitali per liberi professionisti: Clausole Essenziali e Best Practice

Pubblicato su IUSTLAB

Se nell'era digitale i contratti fossero una serie TV, la privacy sarebbe quel personaggio apparentemente secondario, ma che quando entra in scena fa tremare l’intera trama. Sì, perché tra la rapidità delle comunicazioni online, la firma elettronica e la necessità di raccogliere dati personali, la gestione corretta della privacy è diventata una vera star. In questo articolo parliamo di come impostare le clausole sui dati personali all'interno di un contratto digitale, rispettando le regole del GDPR e, soprattutto, la fiducia dei clienti. 1. Perché preoccuparsi della privacy nei contratti digitali? Avete presente quella vocina in testa che, ogni volta che raccogliamo dati dei clienti, ci sussurra: "Ma sei sicuro di poterlo fare?" Ecco, quella vocina è la nostra coscienza (o il Garante della Privacy, a seconda di come la vogliate vedere). Nel mondo dei contratti digitali , si incontrano quotidianamente questioni come: Tracciamento degli utenti in ambito e-commerce ; Firme elettroniche con servizi online; Sottoscrizione di abbonamenti "as a service" (pensiamo a software o consulenze); Scambio di dati personali via piattaforme cloud ; Se un tempo la preoccupazione maggiore era la posizione geografica per una firma di persona, oggi la firma digitale, il trattamento di dati sensibili e il consenso al trattamento dei dati fanno ballare la conga in un documento che, in teoria, dovrebbe essere "snello e agile". La buona notizia? Con un po' di organizzazione e qualche accortezza legale, possiamo gestire il tutto in modo virtuoso, a prova di sanzioni e con un tocco di professionalità che piace tanto ai clienti. 2. Cosa impone il GDPR sui contratti digitali? Il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) obbliga chiunque tratti dati personali di cittadini europei a rispettare alcuni principi cardine: liceità , trasparenza , finalità , minimizzazione , esattezza , limitazione della conservazione , integrità e riservatezza . Quando questi principi si traducono in clausole contrattuali , occorre assicurarsi che: Si informino correttamente gli interessati (ovvero i nostri clienti, utenti, collaboratori) su quali dati raccogliamo, perché lo facciamo e per quanto tempo. Si ottenga un consenso valido quando necessario (ad esempio, per trattamenti non strettamente legati all’esecuzione del contratto). Si rispettino i diritti degli interessati , come quello di accedere ai dati, chiederne la rettifica o la cancellazione. Si adottino misure di sicurezza adeguate , perché anche un colabrodo vestito bene rimane sempre un colabrodo. Se vi sembra tutto molto serio, in realtà lo è: le sanzioni GDPR possono arrivare fino al 4% del fatturato annuo mondiale o 20 milioni di euro, a seconda di quale cifra sia più elevata. Insomma, meglio non improvvisarsi "smemorati" sulla protezione dei dati. 3. Clausole essenziali: quali non possono mancare Sappiamo che i contratti digitali possono essere brevi come una pagina o lunghi come un romanzo russo. Qualunque sia la vostra preferenza di scrittura, se all'interno si toccano i dati personali, ecco le clausole che dovreste inserire: Oggetto e finalità del trattamento Tipologia di dati trattati Base giuridica del trattamento Conservazione dei dati Soggetti terzi e sub-responsabili Diritti dell'interessato Clausola di responsabilità e misure di sicurezza Luogo del trattamento e trasferimenti extra-UE 4. Esempi pratici: quando la clausola fa la differenza E-commerce con mailing list : se vendete un prodotto e volete aggiungere il cliente alla newsletter, non potete farlo "tanto per". Serve una clausola (o un checkbox) separata dove l’utente accetti (o rifiuti) esplicitamente di ricevere aggiornamenti. Saas "Software as a Service" : il contratto con cui fornite il vostro software in abbonamento deve prevedere come gestite i dati caricati dai clienti sul vostro sistema, la conservazione degli stessi, la sicurezza delle comunicazioni tra client e server e le responsabilità in caso di data breach. Contratto di consulenza con firma digitale : se usate piattaforme di firma elettronica, specificate quali dati vengono richiesti e come vengono memorizzati i file firmati. Eventuali dati biometrici devono essere trattati con massima attenzione (in molti casi servono misure aggiuntive). 5. La firma digitale è un optional, la privacy no Molti confondono la firma elettronica (o digitale) con la complessità del contratto. In realtà, si può firmare digitalmente un documento ma avere comunque clausole scadenti o mancanti sotto il profilo della privacy. Verificate la piattaforma di firma : assicuratevi che sia conforme agli standard europei (eIDAS) e che preveda un trattamento dei dati in linea con il GDPR (chi conserva i file firmati? In quali server?). Aggiungete un "richiamo privacy" : spesso le piattaforme di firma presentano un link a un'informativa. Integrate questo passaggio con le vostre clausole nel contratto, per evitare buchi normativi. 6. Le sanzioni non sono un film horror, ma quasi Non vogliamo fare terrorismo psicologico, ma ricordiamo che sono diverse le aziende multate per clausole privacy lacunose o per l’assenza di un consenso adeguato. E non parliamo solo di giganti del web, ma anche di piccole realtà che si sono dimenticate di essere trasparenti. Curiosità : Una piccola attività online è stata sanzionata per non aver fornito informazioni chiare sui tempi di conservazione e aver costretto gli utenti ad accettare l’invio di newsletter, senza spunte separate. Morale della favola? Essere piccoli non basta come scusa. 7. Conclusioni: un contratto ben scritto è la miglior difesa In sintesi , redigere un contratto digitale senza considerare il GDPR è un po' come uscire di casa senza chiudere la porta a chiave. Magari non succede nulla, ma se succede (oltre alle sanzioni, se ne va la fiducia dei clienti) poi sono dolori. Alcuni step fondamentali: Prevedete un paragrafo dedicato alla privacy o un allegato che costituisca parte integrante del contratto; Differenziate le finalità (esecuzione del servizio vs. marketing); Date la possibilità di esprimere consensi separati ; Mantenete traccia dei consensi e gestiteli in modo da poterli modificare o revocare; Siate trasparenti su fornitori terzi, tempi di conservazione e, in generale, su tutto ciò che riguarda il trattamento dei dati. Il cliente (o utente) si sentirà più tutelato e avrà, di conseguenza, maggiore fiducia nella vostra professionalità. E in un mercato sempre più digitale, la fiducia è un valore a peso d'oro. E per finire… Ricordate: la privacy non è solo un obbligo di legge, ma un modo di lavorare che dimostra rispetto per le persone e per le loro informazioni. E se un domani i vostri contratti digitali diventassero un esempio virtuoso, beh… forse ricevereste meno email di reclamo e più richieste di collaborazione. Non suona niente male, vero? Buona redazione di clausole ;)

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Lo studio

Luana Giangregorio
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