Avvocato Gian Paolo Schettino a Milano

Gian Paolo Schettino

Avvocato Penalista a Napoli e Milano - Patrocinante in Cassazione

Informazioni generali

Avvocato Penalista dal 1996, abilitato al Patrocinio in Cassazione dal 2008. Le sedi del mio Studio Legale sono a Napoli ed a Milano. Negli anni ho maturato esperienza in vari settori del diritto penale ed in relazione a varie tipologie di delitti: di criminalità organizzata, stupefacenti, contro il patrimonio, contro la persona, sessuali, societari, fallimentari. Ho conseguito altresì competenza nei procedimenti innanzi ai Tribunali di Sorveglianza, in quelli di esecuzione della pena, di applicazione di misure di prevenzione e di emissione ed esecuzione del MAE. Patrocino nei Ricorsi ordinari e straordinari per Cassazione.

Esperienza


Diritto penale

Durante i quasi 30 anni di esercizio della professione di avvocato penalista ho maturato esperienza e competenza in diversi settori del diritto penale ed ho assistito imputati di varie tipologie di reati, cercando sempre di privilegiare l'approfondimento delle questioni procedurali e lo studio analitico degli atti processuali in quanto una buona difesa non può prescindere da questi due aspetti che vanno comunque accompagnati dalla capacità di farsi comprendere ed ascoltare sia dai Giudici che dai propri assistiti. Ho sempre evitato di promettere risultati ai miei assistiti ma ho sempre dato il massimo e fatto di tutto per ottenerli.


Omicidio

Patrocino in numerosi processi per omicidio, per la maggior parte si tratta di omicidi maturati nell'ambito della criminalità organizzata. In questi processi le prove a carico degli imputati sono rappresentate quasi esclusivamente dagli esiti delle attività di intercettazione telefonica ed ambientale effettuate dalla PG oltre che dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Si tratta di processi nei quali la tensione emotiva raggiunge livelli elevatissimi in quanto, in caso di condanna dell'imputato, può essere irrogata la pena dell'ergastolo. E' necessario avere una conoscenza molto approfondita di tutti gli atti processuali


Violenza

Ho assistito più volte imputati di violenza sessuale. La difficoltà nella difesa in tali tipologie di processi deriva soprattutto dalle modalità con le quali i reati di violenza sessuale vengono perpetrati. Trattandosi di reati che, nella maggior parte dei casi, non avvengono in presenza di testimoni ma si consumano in contesti ove sono presenti solo la vittima ed il presunto aggressore, la prova a carico dell'imputato è rappresentata quasi esclusivamente dalla narrazione della persona offesa che, se precisa e credibile, rende difficoltoso dimostrare l'estraneità e la non colpevolezza dell'imputato.


Altre categorie

Stalking e molestie, Truffe, Sostanze stupefacenti, Diritto penitenziario, Cassazione.



Credenziali

Video legale online

Il giudizio di revisione nel processo penale

5/2025

In questa video intervista a Radio Story Time ho affrontato la tematica del giudizio di revisione nel processo penale anche alla luce delle sue attinenze con la vicenda dell’omicidio di Garlasco nella quale, a seguito della riapertura delle indagini, si profila la possibilità di un giudizio di revisione della sentenza di condanna emessa nei confronti di Alberto Stasi.

Caso legale seguito

Arrestato con l’accusa di essere stato il mandante di omicidio di stampo camorristico: assolto per non aver commesso il fatto

2009/2010 Tribunale di Napoli

Il nostro assistito fu colpito da ordinanza di custodia cautelare per un omicidio maturato ed eseguito durante una guerra tra clan camorristici. Il quadro indiziario era rappresentato dalle dichiarazioni di 4 collaboratori di giustizia che lo accusavano di essere stato uno dei soggetti che deliberarono l’omicidio e di essere stato presente sul luogo quando la vittima fu ammazzata. Avverso l’ordinanza di custodia cautelare abbiamo proposto ricorso al Tribunale del Riesame ed abbiamo dimostrato, all’esito di indagini difensive da noi effettuate, che quando fu deciso ed eseguito l’omicidio il nostro assistito era detenuto in carcere e quindi non aveva potuto partecipare alla riunione in cui l’omicidio fu deliberato né aveva potuto essere presente alla esecuzione dell’omicidio stesso. Accogliendo le nostre argomentazioni il Tribunale del Riesame ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza in quanto le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che incolpavano il nostro assistito non risultavano attendibili avendo essi accusato un soggetto che, in quanto detenuto, non aveva potuto prendere parte all’omicidio. Il PM, ritenendo che l’accusa fosse fondata, ha chiesto il rinvio a giudizio dell’imputato e, all'esito del rito abbreviato, ha chiesto che il nostro assistito fosse condannato alla pena di anni 30 di reclusione. Nel corso della nostra arringa abbiamo ribadito l’impossibilità per l’imputato di aver partecipato alla riunione in cui fu deciso l’omicidio stante il suo stato di detenzione in carcere. Il GIP ha assolto l’imputato per non aver commesso il fatto.

Caso legale seguito

Accusato di essere stato il mandante di un triplice omicidio di stampo camorristico: assolto per non aver commesso il fatto dalla Corte di Assise di Appello.

2011 - Corte di Assise di Appello di Napoli

Il nostro assistito veniva raggiunto da ordinanza di custodia cautelare con l’accusa di essere stato il mandante/istigatore di un triplice omicidio, materialmente commesso da soggetti appartenenti ad un clan camorristico. L’accusa era di aver chiesto ai capi di altro cartello camorristico di eseguire l’omicidio di 3 soggetti (nei confronti dei quali il nostro assistito nutriva profondo odio per ragioni legate ad una vecchia faida di camorra) i quali si erano rifugiati nel territorio da loro controllato. Il quadro probatorio era rappresentato dalle dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia i quali avevano riferito che il triplice omicidio era stato commesso a seguito di richiesta avanzata dal nostro assistito. All’esito del dibattimento di primo grado l’imputato veniva condannato alla pena dell’ergastolo. Proponevamo appello ed evidenziavamo che dagli atti processuali risultava anche l’esistenza di altro movente che poteva giustificare l’omicidio: le vittime appartenevano, a loro volta, ad una fazione camorristica storicamente in conflitto con il cartello di appartenenza di coloro che avevano materialmente eseguito il delitto. Evidenziavamo altresì che le accuse dei collaboratori di giustizia contro il nostro assistito, ancorchè apparentemente convergenti, in realtà non si riscontravano vicendevolmente in quanto discordanti su particolari significativi della vicenda: in particolare un collaboratore di giustizia aveva riferito di aver sparato con un'arma non compatibile con i proiettili rinvenuti in sede autopsia. La Corte di Assise di Appello assolveva l'imputato per non aver commesso il fatto.

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