Pubblicazione legale:
Il Codice civile vieta i cosiddetti
"patti successori", vale a dire gli accordi (atti diversi
dal testamento) con cui si intenda regolare una successione non
ancora aperta.
Esistono diversi tipi di patti
successori:
patti istitutivi: un
soggetto dispone dei propri diritti che gli possono spettare su una
successione non ancora aperta (esempio: Tizio propone a Caio, che
accetta, di nominarlo erede o legatario);
patti dispositivi: un
soggetto dispone di diritti che potrebbe acquisire da una
successione altrui non ancora aperta (esempio: Tizio si obbliga a
vendere a Caio quanto erediterà dalla morte del padre Sempronio);
patti rinunziativi: un
soggetto rinuncia all'eredità su una successione non ancora aperta
(esempio: Tizio rinuncia all'eredità della madre Caia ancora in
vita).
Il fondamento di tale divieto è
rappresentato dal principio secondo cui la chiamata all'eredità
avviene per legge (successione legittima o ex lege) o per
testamento (successione testamentaria), non mediante un contratto.
I patti successori, vietati, sono nulli
e la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia
interesse.
Esiste, però, un'eccezione al divieto
dei patti successori: il patto di famiglia, con cui l'imprenditore
individua, tra i propri discendenti, quelli più idonei alla
continuazione dell'impresa, trasferendo loro la propria azienda o le
partecipazioni sociali.
Per tutelare gli altri soggetti che
potrebbero vantare diritti sulla successione, la legge prevede la
partecipazione all'atto di tutti i soggetti che sarebbero legittimari
(titolari della cosiddetta "quota legittima" del patrimonio
ereditario) se, al momento della conclusione del patto di famiglia,
si aprisse la successione. Inoltre, a tali soggetti dev'essere
corrisposta una somma di denaro pari alla liquidazione della quota
che ad essi spetterebbe in base alle norme sulla successione dei
legittimari, salva rinuncia.