Pubblicazione legale
Il licenziamento per giusta causa
Pubblicato su IUSTLAB
Uno
dei casi più frequenti che un avvocato del diritto del lavoro si
trova ad affrontare è la difesa di un lavoratore licenziato per
giusta causa o di un datore di lavoro che ha licenziato un dipendente
per giusta causa.
Il
licenziamento per giusta causa
Il
licenziamento nel nostro ordinamento è legittimo solo per cause
tipiche e predefinite.
In
particolare, il licenziamento disciplinare è quello giustificato da
un comportamento del dipendente che viola il contratto di lavoro. A
seconda della gravità della violazione commessa dal lavoratore, si
distingue tra licenziamento per giusta causa (in tal caso, il
licenziamento avviene in tronco, senza preavviso) e licenziamento per
giustificato motivo soggettivo (in tal caso è sempre dovuto il
preavviso, calcolato secondo la durata fissata dai contratti
collettivi nazionali: in tale periodo il lavoratore continua a
prestare la propria attività e matura il diritto al compenso.
Tuttavia, l’azienda può rinunciare al preavviso e sbarazzarsi
subito del lavoratore, ma dovrà versargli l’indennità di
preavviso)
Quindi
possiamo dire che il licenziamento per giusta causa è un
licenziamento disciplinare, motivato da condotte del dipendente
talmente gravi da non consentire la prosecuzione del rapporto di
lavoro (ecco che avviene in tronco e senza preavviso). Si differenzia
dall’altra forma di licenziamento disciplinare, quello per
giustificato motivo soggettivo poiché riguarda comportamenti
scorretti del dipendente meno gravi.
Costituiscono
giusta causa di licenziamento le condotte dolose del lavoratore,
quelle tenute in malafede, e in alcuni casi anche quelle colpose ma
non intenzionali (grave negligenza) (Vedi Corte di Cassazione
13512/2016)
Se
a sorreggere il licenziamento per giustificato motivo soggettivo, è
sufficiente il «notevole inadempimento agli obblighi contrattuali»,
a sorreggere il licenziamento per giusta causa occorre un
inadempimento talmente grave da ledere il rapporto fiduciario tra le
parti.
Ai
fini della configurabilità della giusta causa rilevano dunque fatti
e comportamenti che non solo costituiscono un inadempimento
contrattuale, ma che allo stesso tempo minano anche la fiducia che il
datore ha verso il lavoratore.
Quando
il datore può licenziare per giusta causa
Il
datore di lavoro deve prima di tutto verificare se, in concreto, la
condotta del lavoratore ha violato il rapporto di fiducia tra le
parti. Tale valutazione va fatta accuratamente, tenendo presente i
seguenti parametri (Corte di Cassazione n.35/2011).
-
natura e qualità del singolo rapporto;
-
posizione professionale e responsabilità del lavoratore nel servizio
svolto ( Corte di Cassazione n. 10541/2008) .(Sicuramente la
violazione di un capo del personale è più grave rispetto a quella
commessa da un altro lavoratore);
-’importanza
delle specifiche mansioni del dipendente nell’organizzazione
imprenditoriale (Sicuramente l’abbandono del posto fatto da una
guardia giurata è più grave di quello fatto da un addetto al
magazzino);
-
motivi che hanno spinto il lavoratore a porre in essere il
comportamento illecito (Sicuramente l’abbandono improvviso del
posto per andare in pausa al bar è più grave di chi va a soccorrere
un parente in difficoltà);
-
intenzionalità o meno del comportamento (Sicuramente la condotta del
lavoratore che volontariamente non obbedisce al superiore, è più
grave rispetto alla condotta negligente di chi, in un determinato
momento, è particolarmente stanco e stressato);
-
dei danni prodotti all’azienda dal comportamento (Corte di
Cassazione n. 7518/2010);
-
la personalità e gli eventuali procedimenti disciplinari precedenti
del lavoratore;
-
di ogni altro aspetto peculiare del rapporto che possa incidere
negativamente su di esso (Corte di Cassazione n.1077/2008).
Se
mettiamo assimene tutti questi parametri, è evidente che uno stesso
comportamento può in alcuni casi essere valutato come giusta causa
di licenziamento, mentr ein altri casi o contesti può essere
valutato con minore gravità tenendo conto delle circostanze del caso
concreto.
La
Corte di Cassazione, in linea con quello che abbiamo spiegato sopra ,
ha precisato che ai fini del licenziamento per giusta causa rilevano
(Corte di Cassazione n. 18843/2010; n. 14586/2009) :
l’intensità dell’elemento intenzionale; il danno arrecato al
datore di lavoro;
il
grado di affidamento richiesto dalle mansioni svolte dal dipendente;
la natura e la tipologia del rapporto; le precedenti modalità di
attuazione del rapporto (in particolare l’assenza di precedenti
sanzioni).
Quindi,
un giudice chiamato a pronunciarsi sulla legittimità di un
licenziamento per giusta causa, da un lato deve valutare la gravità
dei fatti addebitati al lavoratore (in relazione alla loro portata
oggettiva e soggettiva), le circostanze in cui i fatti sono stati
commessi, l’intensità dell’elemento intenzionale, dall’altro
deve valutare la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione
applicata dal datore di lavoro (licenziamento), stabilendo se davvero
quella condotta del lavoratore lede la fiducia del datore verso di
lui e se è legittima la massima sanzione applicata.
Casi
specifici di legittimo licenziamento per giusta causa
attività
in concorrenza con il datore di lavoro;
insubordinazione
del lavoratore con reazione fisica e verbale verso colleghi e
superiori;
furto
di beni aziendali (anche di modico valore);
falsificazione
di cartellino presenze e orari;
rifiuto
ingiustificato a prendere servizio in caso di trasferimento
legittimo presso altro reparto o sede;
assenze
giustificate per più giorni, che recano danno all'organizzazione
dell'azienda;
falso
certificato medico o assenza alla visita fiscale;
rifiuto
di riprendere l'attività lavorativo dopo la malattia;
lavoratore
che nonostante sia sospeso dal servizio che si reca sul lavoro;
abbandono
del posto di lavoro (se da esso deriva un grave pregiudizio
all’incolumità delle persone o alla sicurezza degli impianti o se
si tratta di un dipendente con mansioni di custodia o sorveglianza);
diffamazione
dell'azienda e dei suoi prodotti;
reato
commesso nella vita privata che può pregiudicare l’immagine
dell’azienda (ad esempio un banchiere condannato per usura).
La
prova dell'esistenza della giusta causa
E'
il datore, secondo la Legge n. 604/1966, a dover dimostrare
l’esistenza della giusta causa.
Poichè
la legge non elenca in modo tassativo tutti i possibili inadempimenti
del lavoratore per ciascun tipo di azienda e attività svolta che
costituiscono giusta causa di licenziamento, possiamo a grandi linee
afferamare che esiste giusta causa di licenziamento quando il
lavoratore viola la legge, i contratti collettivi, le generali regole
del vivere civile, ledendo gli interessi dell'impresa.
Molti
contratti collettivi elencano quali sono le condotte che legittimano
il datore a licenziare il lavoratore per giusta causa, ma si tratta
di elenchi non tassativi e che hanno una semplice valenza
esemplificativa e non necessariamente vincolano il Giudice nelle sue
valutazioni, in quanto egli deve in primis fare riferimento alle
previsioni di legge e non limtarsi ad applicare automaticamente la
sanzione del licenziamento prevista dal contratto collettivo per una
determinata infrazione. Il Giudice ha quindi un ulteriore compito,
ossia valutare l'adeguatezza della sanzione nel caso specifico (Corte
di Cassazione n.26323/2014).