Avvocato Andrea Iaretti a Gattinara

Andrea Iaretti

Avvocato & Dottore commercialista. Antiriciclaggio. Successioni. Tributi. Società.

Informazioni generali

Sono Andrea Iaretti, Avvocato, Dottore Commercialista, Revisore Legale, CTU, Giornalista Pubblicista. Mi occupo principalmente di consulenze e contenziosi a favore di imprese e lavoratori autonomi; in modo particolare quelli relativi alla normativa antiriciclaggio: sanzioni, memorie difensive Mef, ricorsi, consulenze. Inoltre: diritto commerciale, societario, acquisizioni, cessioni attività, lavoro, contratti. Per privati: danni, famiglia. Prediligo un approccio schietto non basato su formalità. Scrivimi, ti comunicherò con estrema celerità, in ogni caso, se posso aiutarti e con quali possibili benefici-costi. Opero in tutta Italia.

Esperienza


Diritto commerciale e societario

Conosco molto bene le realtà imprenditoriali italiane, siano esse PMI o aziende di maggiori dimensioni, stante la mia professione, oltre che di avvocato, sopratutto di dottore commercialista e revisore legale con esperienza ultra ventennale. Consulenza in materia di diritto commerciale e societario, con assistenza in favore dei clienti in ambito stragiudiziale e giudiziale. Supporto nella negoziazione di affari e nella tutela dei propri diritti. Prevenzione in ambito legale al fine di limitare l'insorgere di controversie e rischi legali. Consulenza e supporto con riferimento a tutte le problematiche che devono affrontare i soci.


Fusioni e acquisizioni

Seguo il cliente in operazioni di ristrutturazione aziendale, dismissioni di rami d'azienda, cespiti immobiliari, nuove commesse, transazioni per acquisizioni di aziende e società; attività di redazione e negoziazione contratti di acquisto partecipazioni; negozio la cessione di aziende finalizzata al conseguimento della massima soddisfazione del cliente previo valutazione obiettiva del potenziale dell’attività da cedere. Valutazione, pianificazione ed esecuzione di soluzioni finalizzate alla gestione del passaggio generazionale, controllo e gestione dell’azienda, protezione e tutela del patrimonio immobiliare e finanziario.


Fallimento e proc. concorsuali

Insinuazioni al passivo, tempestive e tardive, conteggio delle spettanze, del trattamento fine rapporto, domanda anticipazione da parte del fondo garanzia INPS. Amministratore giudiziario. Liquidatore cooperative. Antiriciclaggio collegato all'attività esercitata. Fenomeno del riciclaggio e adempimenti degli intermediari preposti al controllo.


Altre categorie

Antiriciclaggio, Eredità e successioni, Diritto tributario, Edilizia ed urbanistica, Contratti, Diritto del lavoro, Risarcimento danni, Diritto immobiliare, Diritto di famiglia, Diritto agrario, Diritto assicurativo, Separazione, Investimenti.



Credenziali

Sentenza giudiziaria

Antiriciclaggio. La distinzione fondamentale tra provenienza illecita e destinazione potenzialmente illecita dei fondi

Corte d'Appello di Roma 2025

Il contributo più significativo della sentenza risiede nella chiarificazione della distinzione fondamentale tra provenienza illecita e destinazione potenzialmente illecita dei fondi. La Corte ha stabilito che l'operazione di riciclaggio, secondo la definizione dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 231 del 2007, presuppone necessariamente la conoscenza della provenienza del denaro o dei beni da un'attività criminosa, intesa come attività delittuosa non colposa. Tale principio assume particolare rilevanza pratica, poiché esclude dall'ambito applicativo della normativa antiriciclaggio quelle operazioni che, pur potendo configurare illeciti di diversa natura, non presuppongono l'impiego di fondi di provenienza criminosa. Come chiarito dalla pronuncia, "se i beni hanno provenienza lecita non può esservi motivo di sospetto né obbligo di segnalazione", principio che trova conferma anche in altra sentenza della Corte d'Appello di Roma del 2025, che ha escluso l'applicabilità della normativa antiriciclaggio agli atti meramente elusivi della garanzia patrimoniale dei creditori. L'elemento soggettivo del sospetto. La sentenza conferma l'orientamento consolidato secondo cui il sorgere dell'obbligo di segnalazione non risulta subordinato alla certezza o alla diretta conoscenza che il cliente abbia posto in essere operazioni di riciclaggio, essendo sufficiente l'esistenza di un sospetto semplice, non qualificato da ulteriori indizi. Tale principio, già affermato dalla Corte d'Appello di Roma in altra sentenza del 2024, si fonda sulla finalità preventiva e cautelare della norma sanzionatoria. La Corte ha precisato che si tratta di una comunicazione atta ad innescare eventuali verifiche da parte dell'autorità di vigilanza, non di una denuncia di fatti penalmente rilevanti. Tuttavia, la segnalazione presuppone pur sempre una valutazione sull'idoneità dell'operazione ad essere strumento di elusione delle disposizioni antiriciclaggio, considerati gli elementi oggettivi e soggettivi che la caratterizzano. Le implicazioni per la prassi professionale La pronuncia assume particolare rilevanza per la prassi professionale, chiarendo che la contestazione fondata esclusivamente sulla destinazione presuntivamente illecita dei fondi utilizzati, e non sulla loro provenienza illecita, non integra i presupposti per l'obbligo di segnalazione. Tale principio trova applicazione anche quando l'operazione sia finalizzata a diminuire la garanzia patrimoniale di una società in danno dei creditori sociali in situazione di precarietà economico-finanziaria. La distinzione operata dalla Corte si inserisce nel più ampio dibattito giurisprudenziale sulla delimitazione dell'ambito applicativo della normativa antiriciclaggio, come evidenziato anche in altra sentenza del Tribunale di Roma del 2024, che ha chiarito come il sospetto debba essere desunto dalle caratteristiche, entità e natura dell'operazione, tenuto conto della capacità economica e dell'attività svolta dal soggetto cui è riferita.

Pubblicazione legale

Antiriciclaggio - Money Transfer

Pubblicato su IUSTLAB

La CdA di Roma si è espressa a riguardo di un decreto sanzionatorio emesso dal Ministero a carico di un esercizio commerciale che svolgeva attività di money transfer. Il Tribunale si era pronunciato in precedenza con sentenza di condanna, ma con riduzione della sanzione applicata, alla quale il money transfer propose appello. Il Ministero, con appello incidentale, chiedeva di ristabilire la sanzione applicata in origine. La sanzione traeva origine dal fatto che il titolare dell'attività aveva acquisito denaro contante da clienti per valori superiori alla soglia di legge, senza il tramite degli intermediari abilitati. Tali somme erano state trasferite in Cina. Nei confronti dei soggetti cinesi indicati quali mittenti nelle rimesse di denaro, i militari della GdF affermavano di aver effettuato interrogazioni alle banche dati i cui esiti rivelavano che gli menzionati soggetti erano “inesistenti”, non identificabili o rintracciabili in luoghi notevolmente distanti dalla sede dell'esercizio commerciale ispezionato. Il titolare chiedeva, nelle memorie difensive, di essere sentito dal Ministero; a fondamento della propria opposizione, egli manifestava la propria assoluta buona fede sostenendo di aver sempre osservato, con diligenza, la normativa in materia di antiriciclaggio, identificando i soggetti richiedenti l'invio di denaro tramite la sua Agenzia, che erano quindi individui diversi l'uno dall'altro e non riconducibili, in virtù delle sue risultanze, a un unico ordinante, come invece sostenevano gli operanti. In sede di primo grado veniva richiesta la prova testimoniale degli agenti verbalizzanti, con particolare riguardo all'entità dei singoli versamenti effettuati, che furono dagli stessi operanti dichiarati essere stati sotto soglia di legge; inoltre, riguardo i documenti d'identità dei disponenti e i moduli da compilare per le operazioni, veniva confermato di averne accertate la presenza. L’appello principale conteneva quattro motivi, i primi due dei quali lamentavano il vizio della motivazione della sentenza di primo grado, che non avrebbe dato risposta ai rilievi del ricorso e fatto malgoverno del materiale istruttorio, ritenuto insufficiente per affermare la colpevolezza dell'opponente. Col terzo motivo, fu contestata la qualificazione giuridica dell'illecito operata dal Tribunale come se si trattasse di una responsabilità oggettiva; il quarto motivo, infine, assegnava alla riduzione della sanzione operata dal primo giudice il valore di indizio dell'insussistenza dell'illecito. La CdA rilevava che l'appello era fondato nella parte in cui lamentava la mancanza di una affidabile e riscontrabile prova della colpevolezza; il titolare aveva annotato gli estremi identificativi dei soggetti che a lui si rivolgevano per effettuare il trasferimento di denaro e non vi era prova della sua consapevolezza dell'eventuale falsità dei documenti annotati e dei dati dei clienti. Gli operanti non avevano fornito prova di chi sarebbero stati i presunti clienti muniti di documenti non di loro proprietà, non essendo sufficiente la mera indicazione nel PVC secondo cui dette indagini furono “molto approfondite”. Secondo la Corte non poteva quindi essere escluso che l'appellante avesse eseguito le disposizioni provenienti da più soggetti cinesi a lui presentatisi sotto falso nome e che agivano, a sua insaputa, nell'interesse di altri ai fini del trasferimento all'estero di denaro. Per la CdA trova, pertanto, applicazione l'art.6, comma 11, del D.lgs. 150/2011 secondo cui l’opposizione va accolta quando le prove della responsabilità dell'opponente risultino insufficienti. In conseguenza, la CdA accoglieva l'appello e le spese del doppio grado erano poste a carico del Ministero soccombente.

Caso legale seguito

Antiriciclaggio - Commercialista

Importanza delle dichiarazioni rilasciate nel P.V.C.

Con una pronuncia recente il Tribunale di Roma si è espresso su ricorso di un commercialista sanzionato ai sensi dell'art.56 comma 1 d.lgs.231/2007 per inosservanza degli obblighi di adeguata verifica relativamente alla clientela di studio ed in particolare sulla mancata esibizione del documento di identità di un cliente. La Guardia di Finanza eseguì presso il professionista in questione un controllo finalizzato alla verifica della corretta osservanza della normativa antiriciclaggio limitatamente agli ultimi sei mesi precedenti l'accesso. Il commercialista eccepiva che durante la verifica non era stato instaurato alcun contraddittorio sulla mancata acquisizione e/o esibizione dei documenti di identità di alcuni clienti che gli era contestata, così che non gli era stato possibile dimostrare l'osservanza delle procedure seguite per la verifica della clientela. Nel merito della contestazione, afferma di avere organizzato la procedura di adeguata verifica della clientela con opportune registrazioni, annotazioni e scansione dei relativi documenti contestualmente al conferimento dell'incarico professionale. Precisava, inoltre, che la conoscenza era assicurata anche dai rapporti pluriennali che con essi aveva intrattenuto. Il Tribunale respingeva l'opposizione, in quanto l'omessa instaurazione del contraddittorio durante lo svolgimento della verifica, ancorché dedotta in fatto, non costituì motivo di alcuna doglianza dell'opposizione. Inoltre, essa fu comunque smentita dal verbale di contestazione emesso dalla Guardia di finanza, sul punto assistito da fede probatoria privilegiata ex art. 2700 c.c., che nel PVC diede conto della richiesta rivolta dagli stessi operanti rivolta al professionista durante la redazione del verbale, di spiegare per quali motivi non fossero presenti documenti aggiornati, nonché della risposta del commercialista del seguente testuale tenore "prendo atto atto di quanto esposto nel presente P.V.C. e mi riservo di controllare se i documenti possono essere stati scansionati, non ho altro da aggiungere ". Il Tribunale evidenzia che, secondo le argomentazione del ricorrente, l'adempimento dell'obbligo verrebbe rimesso alle valutazioni soggettive dello stesso soggetto obbligato e sulle caratteristiche della conoscenza del cliente, finendo così per svuotare di senso la norma, che ha invece carattere cogente ed è fondata sulla ratio di anticipare la tutela dell'ordinamento dal fenomeno del riciclaggio, cogliendo i possibili segnali di eventuali condotte che lo denotino. Non valgono ad escludere la responsabilità del ricorrente né la produzione nel ricorso di opposizione del documento di identità del cliente, in quanto la documentazione conservata doveva essere prontamente reperibile. La sentenza evidenzia l'importanza delle dichiarazioni rese durante la redazione del PVC, che fanno prova spesso contro il soggetto ispezionato; questi, in quanto colti di sorpresa, spesso sono indotti a rilasciare dichiarazioni difficilmente contestabili nel successivo giudizio.

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Lo studio

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