Cessazione del rapporto lavorativo: il periodo di prova.

Scritto da: Anastasia Fiorio - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

Si riporta un caso pratico di un’azienda cliente presso il nostro studio.

La società ha assunto un nuovo lavoratore, con periodo di prova, per la mansione di autista, livello C3 (contratto collettivo nazionale Spedizioni Trasporto e Logistica).

Nel nostro caso il lavoratore, durante il periodo di prova si ammala.

La malattia inizia successivamente ad una lettera di contestazione da parte della società.

La datrice di lavoro non attende la conclusione della prova (a settembre 2024) e invia immediatamente, durante il periodo di malattia, la lettera di mancato superamento del periodo di prova, indicando una serie di danni cagionati dal dipendente accusandolo di appropriazione di beni aziendali.


Al lavoratore erano state inviate lettere di contestazione, rimaste senza risposta.

La lettera di mancato superamento del periodo di prova era datata 19.08.2024 ed stata spedita a mezzo posta raccomandata a.r. il giorno 21.08.2024 (ricevuta il giorno 26.08.2024 dal lavoratore).

Il dipendente, però, aveva comunicato malattia per ascesso dentario il giorno 16.08.2024 (con certificato telematico di malattia fino al 19.08.2024 e continuazione fino al 23.08.2024).

Poi solamente il giorno 24.08.2024 il lavoratore produce nuovo certificato di malattia per trauma da incidente stradale fino al 25.08.2024 con continuazione fino al 02.09.2024.

Dobbiamo ricordare che durante il periodo di prova, entrambe le parti (datore e lavoratore) possono recedere senza obbligo di motivazione, anche durante la malattia, salvo diversa previsione del contratto collettivo (CCNL).
Il lavoratore in prova è stato legittimamente licenziato anche se in malattia; per quel che riguarda il caso del nostro studio. Perchè alcuni CCNL prevedono la sospensione del periodo di prova in caso di malattia, quindi la decorrenza del termine si "ferma" e riprende dopo la guarigione.


Quindi, in assenza di previsioni specifiche, la malattia non blocca il periodo di prova. Questo perchè il patto di prova” è un istituto di matrice contrattuale e finalizzato alla reciproca verifica, di entrambe le parti protagoniste del rapporto di lavoro, circa la convenienza della prosecuzione lavorativa. Spesso è a vantaggio del datore di lavoro perché potrà giudicare l’idoneità fisica e attitudinale del lavoratore a svolgere la prestazione dedotta in contratto.

La sua disciplina è contenuta nell’art. 2096 del Codice Civile, il quale prevede che:

Salvo diversa disposizione [delle norme corporative] l'assunzione del prestatore di lavoro per un periodo di prova deve risultare da atto scritto.

L'imprenditore e il prestatore di lavoro sono rispettivamente tenuti a consentire e a fare l'esperimento che forma oggetto del patto di prova.

Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto., senza obbligo di preavviso o d'indennità. Se però la prova è stabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine.

Compiuto il periodo di prova, l'assunzione diviene definitiva e il servizio prestato si computa nell'anzianità del prestatore di lavoro”.

Alla luce di quanto stabilito nell’articolo appena menzionato, è opportuno esaminare le varie caratteristiche che il patto di prova deve possedere.

Per prima cosa, esso deve risultare da atto scritto, pena la nullità della prova stessa (si tenga conto che normalmente viene inserito in un’apposita clausola posta all’interno del contratto di assunzione dello stesso lavoratore).

In secondo luogo, è necessario che il patto di prova contenga l’indicazione delle precise mansioni affidate al lavoratore. L’indicazione potrebbe essere anche per relationem: semplice rinvio alle declaratorie del contratto collettivo che definiscano le mansioni comprese nella qualifica di assunzione (Cass. civ., sez. lav., 25 febbraio 2015, n. 3852 e Cass. civ., sez. lav. 14 gennaio 2022, n. 1099).

Per quanto concerne la durata del periodo di prova, essa viene fissata dai diversi Contratti Collettivi di lavoro, e comunque non può eccedere i 6 mesi.

Le parti possono anche superare il limite previsto dai Contratti Collettivi, purché sempre nel tetto massimo di 6 mesi, a condizione che l’estensione sia giustificata da una particolare complessità delle mansioni con onere della prova a carico del datore di lavoro.

Al termine del periodo di prova, qualora nessuna parte esprime volontà di recedere, la prova si ritiene automaticamente superata e il contratto prosegue in via definitiva, senza che sia necessario provvedere ad alcuna formalità in tal senso.


Nel nostro caso il periodo di prova non era finito ed il lavoratore non aveva automaticamente proseguito nel rapporto di lavoro.

In conclusione, il Giudice ha ritenuto che il lavoratore fosse cessato correttamente nel periodo di prova.






Pubblicato da:


Anastasia Fiorio

Avvocato civilista




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