Abusi, condominio e decoro architettonico - il ruolo delle amministrazioni

Scritto da: Vittorio Conti - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

IL CASO

Tizio richiede una SCIA avente ad oggetto diversi interventi di demolizione, ricostruzione e ampliamenti di un fabbricato di sua proprietà.

Il Comune Alfa, analizzata la domanda ed i documenti ad essa allegati, nega la concessione richiesta, in quanto l’eventuale autorizzazione avrebbe consentito di eseguire dei lavori che avrebbero leso il decoro architettonico dell’edificio.

Avverso detto provvedimento di diniego, Tizio ha proposto ricorso al Consiglio di Stato.

 

LA DECISIONE DEL CONSIGLIO DI STATO

Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso presentato da Tizio, ritenendo non consentito all’Ente comunale di entrare nel merito della vicenda e, soprattutto, della lesione o meno del decoro architettonico dell’edificio in caso di esecuzione di lavori di ristrutturazione.

 

I PRINCIPI EMERSI DALLA SENTENZA IN QUESTIONE

La fattispecie sottoposta all’attenzione del Consiglio di Stato apre un interessante dibattito in ordine al “margine di operatività” dell’Ente pubblico (in questo caso un Comune) qualora si debba valutare se l’esecuzione di un determinato intervento di ristrutturazione sia o meno lesivo del c.d. “decoro architettonico” dell’edificio.

Nel caso di specie il Comune Alfa era entrato nel merito della vicenda, sotto detto aspetto, ed aveva negato la SCIA a Tizio, sul presupposto che i lavori che esso avrebbe voluto eseguire e per i quali aveva richiesto il permesso, secondo il comune avrebbero per l’appunto leso il decoro architettonico dell’edificio.

Il Consiglio di Stato, nell’accogliere il ricorso di Tizio, ha invece evidenziato che la valutazione del decoro architettonico dell’edificio alla stregua dell’art. 1120 c.c. sia di pertinenza esclusiva di ciascun comproprietario e non possa essere sostituta da quella della Pubblica Amministrazione, in quanto rientrante nelle facoltà, per l’appunto, del solo proprietario (o, più precisamente, di ogni singolo proprietario degli appartamenti facenti parte del Condominio).

Non è quindi consentito al Comune, in sede di rilascio del titolo, valutare aspetti prettamente condominiali, che non appaiono per nulla pacifici o, comunque, che non sono di immediata evidenza. Nel caso in commento, la Pubblica Amministrazione si è di fatto sostituita ai comproprietari dell’edificio in un giudizio che ha evidenti margini di soggettività, riguardante il decoro architettonico della facciata condominiale e che, alla stregua dell'art. 1120 c.c., deve ritenersi di competenza dei soli condomini.

La sentenza in commento, dunque, ha chiarito che il Comune può unicamente entrare nel merito di eventuali difformità o di abusi edilizi, negando la concessione del titolo richiesto o revocandone uno concesso.

In questi casi, infatti, si tratta di un potere non discrezionale, bensì vincolato al rispetto ed alla conformità del titolo abilitativo rilasciato.

Sul punto a nulla rileva lo spirare del termine di 60 giorni per l’esame della SCIA in quanto, così emerge dalla sentenza oggetto del presente commento, laddove si riscontri la realizzazione di opere abusive, lo spirare del termine per il controllo della SICA edilizia non consuma il potere dell’ente locale di intervenire con interventi sanzionatori a tutela del corretto assetto del territorio.

Come si può notare, dunque, non si tratta di un potere soggettivo o discrezionale dell’ente, ma della verifica del rispetto dei lavori e della loro corrispondenza con il titolo autorizzativo.

Come detto, invece, è sottratto al potere dell’ente il giudizio sull’eventuale lesione del decoro architettonico, attività meramente soggettiva e, in quanto tale, sottratta al potere di censura dell’ente.

 

Consiglio di Stato, Sez. IV, Sentenza n. 6345 del 17.09.2021.



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Vittorio Conti

Avvocato civilista




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