Pubblicazione legale:
La giurisprudenza di legittimità e di
merito, fino a pochi anni or sono, ha sempre ritenuto che in caso di polizza
sulla vita, nell’ipotesi in cui per disposizione del contraente il capitale
“caso morte” fosse da liquidare in favore dei suoi eredi (legittimi o
testamentari), la prestazione assicurativa, salvo diversa e specifica
indicazione, avrebbe dovuto essere divisa tra gli stessi in parti uguali (ex
plurimis cfr. Cass. 4484/1994, Cass. 9388/1994, Cass 15407/2000).
In questo contesto si veniva quindi a
porre in evidente, netto contrasto la pronuncia Cass. 19210/2015 la quale affermava,
invece, che il terzo beneficiario individuato con la formula di rinvio agli
eredi (legittimi o testamentari), pur acquistando – ai sensi dell’art 1920, 3°
comma, c.c. - un diritto proprio, non potesse ritenersi svincolato dalle regole
successorie, con la conseguenza che la ripartizione del capitale assicurato
dovesse essere effettuata nel rispetto delle quote ereditarie spettanti a
ciascun erede e non, come in precedenza ritenuto, in parti uguali.
A supporto di tale diverso orientamento
il Supremo Collegio deduceva che "nel contratto di assicurazione contro
gli infortuni a favore di terzo, la disciplina secondo cui, per effetto della
designazione, il terzo acquista un proprio diritto ai vantaggi assicurativi, si
interpreta nel senso che ove sia prevista, in caso di morte dello stipulante,
la corresponsione dell'indennizzo agli eredi testamentari o legittimi, le parti
abbiano non solo voluto individuare, con riferimento alle concrete modalità
successorie, i destinatari dei diritti nascenti dal negozio, ma anche
determinare l'attribuzione dell'indennizzo in misura proporzionale alla quota
in cui ciascuno è succeduto, atteso che, in assenza di diverse specificazioni,
lo scopo perseguito dallo stipulante è, conformemente alla natura del
contratto, quello di assegnare il beneficio nella stessa misura regolata dalla
successione" (Cass. 19210/2015, in
massima).
Successivamente a tale arresto, la
giurisprudenza è, tuttavia, tornata nuovamente a pronunciarsi in conformità
all'orientamento precedente (cfr. Cass. 26606/2016, Cass. 25635/2018).
E’ in questo contesto giurisprudenziale
che il Supremo Collegio, con l’ordinanza interlocutoria n. 33195 del 16.12.2019, ha
ritenuto opportuno rimettere la questione all’attenzione delle Sezioni Unite
per giungere ad una stabile risoluzione della stessa atteso che “le due
differenti interpretazioni dell'art. 1920 c.c., comma 3,
conducono, a non indifferenti conseguenze economiche per i destinatari del
vantaggio indennitario”.
In attesa che le Sezioni Unite si
pronuncino definitivamente sulla questione e, comunque, anche in linea più
generale, appare doveroso suggerire a tutti coloro che abbiano intenzione di
stipulare una polizza sulla vita “caso morte” e, in particolare, a chi lo fa
con l’intenzione di tutelare determinati specifici soggetti contro
l’eventualità della scomparsa di chi rappresenti l’unica o la principale fonte
di reddito, ad una maggior ponderazione delle modalità di individuazione dei
beneficiari “caso morte” del contratto, per evitare che dall’utilizzo di
formule generiche, possano derivare effetti diversi se non addirittura distorti
rispetto a quelli avuti di mira.