Intervista:
Ai sensi del D. lgs. 231/2001, condizione perché un ente possa rispondere della responsabilità da reato è che il reato commesso dal dipendente o dall’apicale nell’interesse e a vantaggio dell’ente sia ricompreso in un catalogo che definisce i delitti presupposto.
La scelta del legislatore, all’atto della definizione della responsabilità da reato, si orientava tra due possibilità alternative: tenendo fermo il metro dell’attinenza alla responsabilità di impresa, o si puniva l’ente per qualunque tipologia di delitto, sulla scia del modello francese, o, come poi è stato, si privilegiava il rispetto dei principi di riserva di legge e tassatività, elencando, negli artt. 24 e ss., i reati presupposto, con l’effetto di restringere l’area della rilevanza della responsabilità solo per i delitti selezionati.
L’elenco dei reati presupposto, inizialmente esiguo, si è andato poi progressivamente accrescendo (ricomprendendo di volta in volta reati societari, ambientali, riciclaggio, autoriciclaggio, sicurezza sui luoghi di lavoro).
Da ultimo, dal dicembre 2019, sono ufficialmente stati inclusi nel D.lgs. 231/2001 anche gli illeciti tributari, per cui, con l’estensione della responsabilità degli enti, c’è da capire come le società devono aggiornare i propri modelli e verificarne l’adeguatezza al metro delle innovazioni normative.
Fonte: Ius Web Radio - clicca quì