Il deserto delle aule giudiziarie

Scritto da: Patrizia Loredana Di Marco - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

Fra le “cenerentole” della Fase3 post Covid, a parte il mondo dell’Istruzione, Università e Ricerca vi è, purtroppo, anche quello della giustizia.
Nel disinteresse generale, e nel silenzio pressoché totale degli organi di stampa, delle radio e delle televisioni, ormai da oltre un mese gli avvocati italiani, per il tramite delle varie associazioni forensi, emettono comunicati e scendono in piazza per manifestare contro un paralisi dell’attività giudiziaria che, dietro il paravento della emergenza Covid, nasconde in realtà la assoluta inerzia ed incapacità dell’attuale Governo ad affrontare e risolvere le esigenze del pianeta giustizia nate proprio dall’emergenza.
Non è bastato vedere gli avvocati italiani, già durante la cd. Fase2, scendere in Piazza Cavour a Roma, restituire le loro toghe e deporre i codici sulle scale del Palazzaccio, per protestare contro la mancata ripresa dell’attività giudiziaria.
Martedì 23 giugno prossimo gli avvocati italiani scenderanno di nuovo in piazza per protestare, dice il comunicato: “…contro la mancata ripresa dell’attività giudiziaria, avvenuta finora solo sulla carta, lasciando tuttora vigente la miriade di linee guida e protocolli dettati dai capi degli Uffici giudiziari. La promessa ripartenza del 1 luglio si colloca a ridosso dell’inizio del periodo utile per le ferie dei Magistrati di metà luglio, in gran parte già programmate, richieste ed ottenute.”
Insomma mentre l’Italia, sia pure lentamente, sta ripartendo in tutti i settori economici e produttivi, il pianeta giustizia è fermo. Forse moribondo?
Ebbene si, a parte la difficoltà di doversi districare in una vera e propria giungla normativa di “Linee guida” e “Protocolli” dettati dai capi degli Uffici Giudiziari (praticamente uno per ogni ufficio giudiziario italiano); a parte la carenza negli Uffici giudiziari di strumenti informatici adeguati e di personale di cancelleria che, di fatto, hanno paralizzato anche lo svolgimento delle udienze da remoto, ciò che davvero “pesa”, in tutti i sensi, è il mancato svolgimento delle udienze in presenza.
Non è necessario sentirsi o essere dei “Principi del Foro”, per capire che la giustizia è (o dovrebbe essere?), soprattutto quella che si pratica nelle aule giudiziarie, con la presenza di giudici, difensori, cancellieri, parti, testimoni.
Certo l’emergenza non è ancora finita, ed è giusto adottare tutte le precauzioni che gli “scienziati” ci hanno finora imposto o consigliato.
Neppure si può dire che le norme e i protocolli adottati per gestire l’emergenza giudiziaria formalmente violino il diritto di difesa costituzionalmente garantito.
Collegarsi attraverso un piattaforma e tenere in tale modalità una udienza civile o penale (ammesso che ci riesca effettivamente), garantisce il rispetto del contraddittorio, e permette comunque ai processi di andare avanti.
Eppure chi è abituato a frequentare quotidianamente le aule di giustizia avverte un crescente disagio…
Qui non si tratta di lamentare la violazione del diritto alla difesa, che probabilmente non vi è, bensì di constatare l’assenza pressoché totale dell’udienza intesa come espressione più alta del contatto tra le parti ed il giudice.
La soppressione di questo contatto non è cosa di poco conto, perché trattasi di un valore risalente all’Illuminismo, fatto proprio dalle moderne costituzioni che ne sono derivate e, sino ad oggi, sostanzialmente rispettato.
Il rischio di questa emergenza (come già in parte accaduto con la progressiva introduzione del processo civile telematico) è la lenta ma inesorabile diminuzione delle udienze pubbliche intese come momenti nei quali i giudici e gli avvocati si trovano fisicamente in una aula di giustizia discutendo insieme e, se necessario, scontrandosi per il bene della giustizia.
E fantascienza ipotizzare un futuro giudiziario in cui i processi non si celebreranno più in aule di giustizia vecchie e polverose o in bunker modernissimi, ma in altro modo?
E se è così, i nostri palazzi di giustizia diventeranno dei deserti, senza più giudici e avvocati a svolgere il loro lavoro, se non in qualche rara occasione?
Il vuoto delle aule di giustizia di questi mesi deve farci riflettere…e lottare per impedire che questa triste prospettiva si avveri.

Patrizia L. Di Marco

Avvocato del Foro di Vasto

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Patrizia Loredana Di Marco

Avvocato matrimonialista e divorzista




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