Pubblicazione legale:
Negli ultimi mesi molte persone
hanno trovato nella propria cassetta della posta una comunicazione
inaspettata da DAZN: una richiesta di 500 euro per chiudere
“bonariamente” una presunta violazione del diritto d’autore
legata all’uso del cosiddetto pezzotto, ovvero servizi IPTV
illegali. La sensazione comune è stata quella di trovarsi davanti a
una sorta di multa, con dubbi immediati su obblighi, rischi penali e
responsabilità personali. In realtà, la vicenda è molto più
complessa e richiede lucidità.
La
legge n. 93 del 2023, la cosiddetta “legge anti pezzotto”, ha
rafforzato i poteri dell’AGCOM nel contrasto alla pirateria
audiovisiva, consentendo il blocco rapido delle trasmissioni
illegali. La norma, pur fondata su un principio legittimo – la
tutela della proprietà intellettuale – non equipara l’utente
finale a chi organizza o trae profitto dalla pirateria. È quindi
fondamentale distinguere tra il contrasto ai grandi flussi illeciti e
la responsabilità del singolo cittadino.
Le
lettere di DAZN non sono atti dell’autorità, non sono multe né
provvedimenti amministrativi: si tratta di proposte transattive
private. Accettarle significa riconoscere implicitamente la propria
responsabilità; rifiutarle è un diritto del destinatario.
L’azienda, qualora decidesse di procedere in giudizio, dovrebbe
provare che quella specifica persona abbia effettivamente fruito
volontariamente di contenuti illeciti. Ma un indirizzo IP identifica
una linea, non una persona, e può essere condiviso, utilizzato da
terzi o alterato. La giurisprudenza, anche penale, ha più volte
chiarito che l’IP non è prova sufficiente senza ulteriori elementi
concreti e convergenti.
Rilevanti
anche i profili di privacy. I dati su cui si basano le lettere
derivano da indagini della Guardia di Finanza, ma il loro utilizzo da
parte di un soggetto privato richiede basi giuridiche autonome e
conformi al GDPR. Chi riceve la comunicazione ha il diritto di
chiedere a DAZN l’origine dei dati, la finalità del trattamento e
la base giuridica; in caso di mancate risposte, può rivolgersi al
Garante.
La
strada corretta per chi riceve la lettera è semplice: niente panico,
nessun pagamento immediato, e nessuna rimozione superficiale del
problema. Occorre valutare la situazione con un avvocato, richiedere
le prove, contestare eventuali incongruenze e far valere i propri
diritti. La legalità digitale non può trasformarsi in automatismo
intimidatorio: deve restare un equilibrio tra tutela dei contenuti e
tutela dei cittadini.