Pubblicazione legale:
E’
frequente che i soci di una s.r.l. decidano, dopo anni di collaborazione, di
separarsi. Le motivazioni possono essere varie: divergenze sulle strategie
aziendali, scelte personali (malattia, gravi litigi, incomprensioni, etc.) o
semplicemente la necessità di cambiare vita e lavoro.
La
domanda che molti si pongono è la seguente: una volta ceduta la mia quota,
posso stare tranquillo o rischio qualcosa per i debiti pregressi maturati fino
alla data della mia uscita?
Cominciamo
col dire che, a prescindere dal ruolo assunto nella compagine societaria, un
socio di una società di capitali (s.r.l., s.p.a. o società in accomandita per
azioni) è responsabile limitatamente alla quota conferita. Questo significa che
il socio non risponde con il suo patrimonio personale per i debiti contratti
dalla società nel corso della sua attività di impresa, ma soltanto limitatamente
al “valore” della quota.
Fino
a che si è nella società, il socio risponderà pertanto nei limiti del “valore”
della partecipazione sociale; i creditori della società (fisco, fornitori,
banche etc.) non potranno chiedermi dei soldi per ripianare debiti contratti
dalla società.
C’è
soltanto un caso in cui ciò è possibile; il soggetto “danneggiato” deve provare
in giudizio che il socio abbia “intenzionalmente deciso o autorizzato” in
solido con gli amministratori un'operazione che abbia “specificamente”
danneggiato gli altri soci e/o i terzi. In tal caso, anche il socio potrà
essere chiamato a rispondere del danno (oltre all'amministratore). Tale regola
è dettata per le s.r.l.
Fatte
tali premesse, c’è, poi, il tema legato alle garanzie prestate dal socio (o
meglio, dai soci). Le banche chiedono, per prassi, ampie garanzie personali ai
soci, sotto forma di fideiussioni e ancora meglio di garanzie autonome, che
sono azionabili dalla banca con la “nota” regola del “senza eccezioni e su
semplice richiesta”.
Attenzione,
quindi. Poiché tali garanzie rimangono valide ed efficaci anche dopo l’uscita
del socio dalla società, è bene che il cedente sia pienamente consapevole di
tutti gli impegni di firma che sono stati prestati per garantire l’adempimento
delle obbligazioni della società.
Pertanto,
non basta comunicare all’istituto di credito di aver ceduto le quote, per ritenersi
sgravato dall’eventuale e (futuro) obbligo di garanzia.
E’ di
fondamentale importanza trovare quindi un accordo con gli altri soci e con la
banca che consenta al socio cedente di liberarsi dalla fideiussione (e delle
altre garanzie). Idealmente, sarebbe opportuno che il socio uscente si faccia
assistere da un suo consulente di fiducia (avvocato o commercialista) per
definire con i vari protagonisti della vicenda una soluzione che preveda il
subentro nelle garanzie da parte dell’acquirente della partecipazione.
Troppo
spesso, infatti, iniziative individuali del socio uscente rischiano di creare
molti danni, difficilmente rimediabili. Precipitarsi in banca chiedendo
"semplicemente" al funzionario di liberarsi "subito" dalla
fideiussione, senza magari fornire dettagli, non aiuta certamente a perseguire
l'obiettivo. Anzi, è piuttosto frequente che questo "gesto"
irrigidisca la banca, preoccupata (anche fondatamente) che la richiesta del
fideiussore nasconda in realtà la poca solvibilità della società cliente.
Meglio
dunque preparare bene la trattativa e parlare con la banca quando si è già
trovato l'accordo con chi si è reso disponibile a subentrare nella garanzia.