Accesso in Italia per motivi sportivi sportivi / provino calcistico e rifiuto generico ed immotivato del visto breve: una sentenza che fa giurisprudenza

Non è legittimo il ricorso generico al rischio migratorio per negare il visto, occorrono motivi concreti e circostanziati al soggetto interessato




Caso legale: In un contesto spesso segnato da valutazioni superficiali ed eccessive generalizzazioni, il nostro Studio ha appena ottenuto una decisione di grande rilievo da parte del TAR del Lazio, destinata a tracciare un precedente significativo in materia di rilascio di visti per motivi sportivi. Il caso riguarda un giovane calciatore sudafricano, un promettente atleta tesserato presso una squadra africana di terza divisione, invitato in Italia da un club sportivo italiano per sostenere un provino finalizzato a un possibile ingaggio. Il ragazzo, pienamente in regola sotto ogni profilo, aveva presentato una richiesta di visto Schengen di breve durata (tipo C), allegando una documentazione dettagliata e accurata e sin anche l'autorizzazione del CONI allo stage. Nonostante ciò, l’Ambasciata italiana competente rigettava l’istanza in tempi brevissimi, adducendo esclusivamente un presunto “rischio migratorio”, sulla base di formule prestampate e senza fornire una motivazione calata nel caso concreto. Il diniego, privo di una reale istruttoria, risultava basato su una mera presunzione, in contrasto con i principi fondamentali del diritto amministrativo. La nostra strategia difensiva e il ricorso al TAR Il nostro Studio ha proposto immediatamente ricorso al TAR del Lazio, evidenziando l’assoluta illegittimità del diniego e richiamando i principi cardine della legge n. 241/1990. In particolare, l’art. 10 impone all’Amministrazione un preciso obbligo di valutare il contenuto dell’istanza, valorizzare le circostanze specifiche e motivare in modo individualizzato ogni provvedimento di rigetto. Abbiamo inoltre sostenuto che: • La documentazione allegata era completa, dettagliata e idonea a escludere qualsiasi rischio di immigrazione irregolare; • Il provvedimento dell’Ambasciata si fondava su motivazioni stereotipate e slegate dai fatti; • Il diniego violava il principio di buona amministrazione, configurando un eccesso di potere per difetto di istruttoria; • La decisione aveva conseguenze gravemente pregiudizievoli, privando l’interessato di una concreta opportunità di carriera sportiva. Il successo ottenuto ed una sentenza chiara e innovativa Con l'importantissima Sentenza n. 11241/2025, pubblicata il 9 giugno 2025, il TAR del Lazio ha accolto il ricorso, pronunciandosi in termini di grande interesse anche per i casi futuri. Il Collegio ha dichiarato l’illegittimità del diniego, sottolineando che: “non è consentito all’amministrazione esprimere valutazioni meramente stereotipate, in assenza di una reale ponderazione dei fatti rappresentati dal richiedente” Ancora più incisivo il richiamo ai doveri imposti dalla legge sul procedimento amministrativo: “ai sensi dell’art. 10 della l. n. 241/1990, l’amministrazione è tenuta a valutare in concreto l’istanza presentata, esaminando la documentazione allegata e motivando adeguatamente il provvedimento finale”. Il TAR ha inoltre respinto la generalizzazione con cui l’Ambasciata ha giustificato il diniego per il solo fatto che in passato altri soggetti, in situazioni analoghe, si sarebbero trattenuti oltre il termine. In altri termini, il comportamento scorretto di terzi non può giustificare una presunzione negativa contro chi, invece, ha fornito ogni garanzia, anche contrattuale, del proprio rientro. Rilevanza per casi futuri, non solo per i trasferimenti degli atleti stranieri Pur riferendosi a un caso specifico di visto sportivo, la pronuncia assume una portata molto più ampia e si presta ad essere utilizzata anche in altri procedimenti amministrativi, sia in fase consolare che in giudizio: • Nei dinieghi di visto per motivi di studio, lavoro subordinato, tirocini, corsi di formazione o perfino ricongiungimento familiare temporaneo, quando la motivazione sia generica o apodittica; • Nei casi in cui le Ambasciate si limitano a formulare giudizi negativi automatici senza prendere in esame la documentazione allegata; • Per fondare richieste cautelari e urgenze nei ricorsi al TAR, basandosi sul periculum legato a occasioni professionali, formative o familiari irripetibili. Conclusione Questa vittoria non è solo un successo per il nostro Assistito, ma rappresenta un segnale forte contro l’automatismo dei dinieghi, a favore di una gestione più equa e personalizzata delle domande di visto. Il diritto d’ingresso per finalità lecite e documentate non può essere sacrificato sull’altare della generalizzazione, ma va protetto con strumenti giuridici solidi ed efficaci. Un piccolo passo in avanti verso un mondo più giusto ed inclusivo ed un altro buon motivo per andare avanti, con fiducia e passione, nella nostra mission.

Fonte: TAR LAZIO - Sez. V, Quater - SENT. N. 11241 pubb. il 09.06.2025



Pubblicato da:


Francesco Sequino

Avvocato dell'immigrazione e matrimonialista. Immigration and family law




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