Pubblicazione legale:
La vexata quaestio dell'adeguatezza dei luoghi adibiti a Pronto Soccorso o, per meglio dire ad Unità Operativa Complessa di Emergenza -Urgenza, sotto il profilo giuridico, può essere definita soltanto in termini di riduzione dei margini di indeterminatezza che la normativa tradizionalmente presenta.
Quanto precede è agevolmente comprensibile se si considera che non esiste una legislazione unitaria di settore utilmente invocabile ai fini dell'individuazione dei requisiti che ciascuna struttura deve possedere sì da risultare conforme e, come tale, sicura per l'utenza e per gli operatori sanitari.
La materia è, invece, contraddistinta da indicazioni normative frammentarie ed estremamente mutevoli e ciò proprio in ragione dell'attribuzione alle Regioni di poteri "rafforzati" in tema di organizzazione dei servizi sanitari, a seguito dell'introduzione del novellato Titolo V della Costituzione.
Prescinde da questa sede la pur rilevante opportunità di svolgere un'indagine approfondita circa l'efficacia di un simile assetto costituzionale, ragion per cui l'analisi che ci occupa è esclusivamente mirata a delineare un quadro didascalico delle più "comuni" norme di settore rappresentanti l'impalcatura più o meno diffusa nelle 20 regioni italiane.
Non desti meraviglia l'utilizzo del termine "comune" che, in verità, generalmente, mal si concilia con il comune sentire circa la necessità della "certezza del diritto" vigente sull'intero territorio nazionale.
Purtroppo, però, l'immensa questione dell'inadeguatezza del sistema sanitario di talune regioni (prima fra tutte la Calabria, oramai da anni ultima nelle classifiche stilate da più enti in ordine ai requisiti qualitativi del servizio sanitario offerto), pone in serio dubbio il sostanziale rispetto delle norme generali che, pur vigenti almeno formalmente, dovrebbero valere ad ogni latitudine dello Stato italiano, mentre sovente sono disattese.
Sorgerebbe dunque spontaneo il quesito in ordine alle ragioni per le quali l'ordinamento giuridico non reagisca con determinazione rispetto alle molteplici violazioni sia di norme generali, sia di leggi speciali poste in essere dalle Aziende Ospedaliere, talora persino palesemente, tanto da trovare ampia narrazione sulla stampa cartacea e telematica.
Anche in questo caso l'approfondimento condurrebbe lontano e, comunque, ben oltre il thema della presente trattazione.
Sia sufficiente considerare che ogni ente regionale, pur nei limiti imposti dalla Costituzione, com'è ovvio, attua pienamente il principio dell'autonomia organizzativa di Aziende Ospedaliere, Aziende Sanitarie, Centri Spoke, Centri Hub e medicina del territorio a vario titolo (ivi compresi i medici di famiglia).
Fatto sta che ciascuno di tali organi assume, a sua volta, funzioni di autogoverno, per lo meno limitatamente alla definizione degli obiettivi e delle linee guida, nonché dei controlli igienico-sanitari.
Se a tali considerazioni si aggiunge che non poche sono le aziende sanitarie ed ospedaliere soggette alle norme speciali previste per il commissariamento, mentre addirittura nel caso della Regione Calabria è in carica un commissario regionale ad acta da oltre 10 anni, ben si comprende come la pretesa di definire un quadro normativo unitario non sia difficile, bensì inutile.
Certamente appare, per altro verso, opportuno annoverare le principali linee guida in tema di organizzazione dei servizi sanitari, avuto riguardo dell'irrinunciabile necessità (soprattutto in tempo di pandemia da Covid-19) di approntare tutte le idonee condizioni igienico-sanitarie ritenute conformi agli orientamenti scientifici prevalenti, soprattutto a beneficio degli ambulatori e dei locali complementari ed annessi ove hanno sede i Pronto Soccorso.
L'itinerario della ricognizione normativa in argomento non può che partire dal principale assetto legislativo in materia di individuazione dei Livelli essenziali di assistenza sanitaria ( i cosiddetti LEA): il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, e successive modificazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale in data 08 febbraio 2002 al n. 33.
Nell'allegato 1 del Decreto, alla lettera G, è prescritto che sull'intero territorio nazionale debbano essere garantite: a) attività sanitaria e sociosanitaria rivolta alle persone con problemi psichiatrici e alle loro famiglie; b) attività riabilitativa sanitaria e sociosanitaria rivolta alle persone con disabilità fisica, psichica e sensoriale; c) attività sanitaria e sociosanitaria rivolta alle persone dipendenti da sostanze stupefacenti o psicotrope o da alcool; d) attività sanitaria e sociosanitaria rivolta a pazienti nella fase terminale; e) attività sanitaria e sociosanitaria rivolta alle persone con infezione da HIV.
Posto che più d'una di tali attività dovrebbero svolgersi regolarmente anche presso gli ambulatori dei Pronto Soccorso, è agevole rilevare come, ad esempio in tema di trattamento delle patologie psichiatriche, non di rado tali reparti siano completamente sprovvisti degli idonei mezzi per la gestione in sicurezza di simili pazienti.
A favore di tale interpretazione - e cioè della necessità che all'interno del Pronto Soccorso dovrebbero normalmente realizzarsi, quantomeno, i primi interventi di messa in sicurezza dei pazienti affetti da patologie psichiatriche - milita un altro argomento.
L'allegato 2C del medesimo decreto, in tema di prestazioni incluse nei LEA che presentano un profilo organizzativo potenzialmente inappropriato, include due sole prestazioni che non possono essere erogate in regime di degenza ordinaria, ossia: nevrosi depressiva (eccetto urgenze) e nevrosi eccetto nevrosi depressiva (eccetto urgenze).
Ne deriva che negli altri casi, al cospetto di patologie psichiatriche, per la realizzazione dei livelli essenziali deve essere garantito un efficace intervento di stabilizzazione di tali degenti. Fermo restando che persino nei due casi summenzionati è obbligatorio un adeguato intervento in condizioni di urgenza.
Particolarmente interessante appare, poi, il contenuto del Decreto Ministeriale 2 aprile 2015 n. 70, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 04.07.2017 al n. 127, in tema di Regolamento recante la "definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera".
L'art. 1 della norma in argomento, in tema di standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera, al comma 2 prevede che le regioni debbano adottare un provvedimento generale di programmazione in ordine alla dotazione dei posti letto ospedalieri in base alla popolazione residente nei diversi territori, avendo quale limite, certamente non insuperabile né perentorio, i 3,7 posti letto per mille abitanti.
L'allegato 1 del decreto di cui trattasi, all'art. 1, comma 1.2 propone una visione integrata dell'assistenza sanitaria in virtù della quale: "l'ospedale deve assolvere ad una funzione specifica di gestione delle problematiche assistenziali dei soggetti affetti da una patologia (medica o chirurgica) ad insorgenza acuta e con rilevante compromissione funzionale, ovvero di gestione di attività programmabili che richiedono un contesto tecnologicamente ed organizzativamente articolato e complesso, capace di affrontare, in maniera adeguata, peculiari esigenze sanitarie sia acute che post- acute e riabilitative".
A prescindere dalla mera dichiarazione d'intenti della norma in esame, pur perseguente il lodevole scopo di unificare nazionalmente i livelli essenziali di assistenza, è tangibilmente verificato come in talune realtà regionali i Pronto Soccorso riescano - e non senza inveterate criticità - a gestire a malapena l'ordinaria amministrazione.
Sempre a mente della medesima norma, in ogni caso, l'ospedale dovrebbe assicurare la gestione del percorso diagnostico terapeutico (PDT) del problema clinico di cui si fa carico, sia all'interno del presidio che all'interno della rete ospedaliera, affinché possa essere assicurata, anche in fase successiva alla prima accettazione, l'allocazione dei pazienti presso i presidi che dispongano di un livello organizzativo coerente con la complessità assistenziale del caso da trattare.
Di fondamentale rilevanza appare, inoltre, richiamare la seguente parte della norma che disciplina il ricovero dei pazienti, secondo il principio della garanzia del poso letto, se ritenuto necessario dai medici del Pronto Soccorso: "la gestione dei posti letto deve avvenire pertanto con la massima flessibilità, al fine di assicurare la maggior dinamicità organizzativa rispetto alla domanda appropriata di ricovero, con specifica rilevanza per le necessità provenienti dal pronto soccorso aventi le caratteristiche dell'urgenza e dell'emergenza. E’ raccomandata anche l'informatizzazione delle disponibilità dei posti letto per aree geografiche".
In altri termini la disposizione del ricovero nei reparti di degenza, a beneficio dei pazienti per i quali sussistano idonee indicazioni mediche, qualora venisse rispettata, non solo garantirebbe l'adempimento degli obblighi imposti dalla normativa in esame, ma determinerebbe, senz'altro, il realizzarsi di migliori condizioni igienico-sanitarie dei Pronto Soccorso, i quali non si vedrebbero più sovraffollati e contraddistinti da esecrabili condizioni di promiscuità.
L'art. 6 dell'allegato 1 del Decreto al comma 3° dispone che ogni struttura, tenendo anche conto del suo interfacciamento con la componente impiantistica e con le attrezzature, ha l'obbligo del rispetto, assicurato con controlli periodici, dei contenuti degli atti normativi e delle linee guida nazionali e regionali vigenti in materia di qualità e sicurezza delle strutture con riferimento a: protezione antisismica; - antincendio; - radioprotezione - sicurezza per i pazienti, degli operatori e soggetti ad essi equiparati; - rispetto della privacy sia per gli aspetti amministrativi che sanitari; - monitoraggio periodico dello stato di efficienza e sicurezza delle attrezzature biomedicali; - graduale sostenibilità energetico-ambientale in termini di riduzione dei consumi energetici; - smaltimento dei rifiuti; - controlli periodici per gli ambienti che ospitano aree di emergenza, sale operatorie, rianimazione e terapie intensive e medicina nucleare; - monitoraggio periodico dello stato di efficienza e sicurezza degli impianti tecnici e delle attrezzature biomedicali; - controllo periodico della rispondenza delle opere edilizie alle normative vigenti.
Norma che se fosse realizzata garantirebbe la sicurezza degli ambulatori ove si erogano le prestazioni sanitarie, sia agli operatori, sia ai pazienti.
Ci si chiede in quale modo possa, invece, dirsi realizzato il sacrosanto diritto alla "privacy" in contesti ambientali ove, sovente, le prestazioni di carattere sociosanitario, ivi incluse le operazioni di igiene dei pazienti non autosufficienti, avvengono al cospetto di tutti gli stazionanti, siano essi degenti o congiunti dei medesimi, nel corso delle ben note ore di attesa che ciascuno sperimenta in Pronto Soccorso.
Infine vale la pena soffermare la riflessione sull'art. 9.2.1 Ospedale sede di Pronto Soccorso che prevede il seguente testuale obbligo: "Deve essere dotato di letti di Osservazione Breve Intensiva (O.B.I.) proporzionali al bacino di utenza e alla media degli accessi".
In altri termini, ai fini del rispetto della norma si renderebbe essenziale la presenza di un O.B.I. a servizio di ciascun Pronto Soccorso avente i requisiti dettati dal Decreto, a maggior ragione nel caso in cui dovesse trattarsi di Ospedale D.E.A. di II Livello (Hub).
Raccogliendo le fila di quanto sin qui argomentato, senza alcuna presunzione di completezza espositiva, si è tentato di offrire un quadro comparativo d'insieme delle carenze più o meno riscontrabili in determinati Pronto Soccorso, avuto riguardo, invece, delle prescrizione di legge per la garanzia dei livelli essenziali di prestazione.