Pubblicazione legale:
Come noto, la riforma Cartabia è intervenuta incisivamente in materia di pene sostitutive, imponendo un cambio di forma mentis, di cultura e di approccio pratico a tutti gli operatori del diritto, i quali, tuttavia, spesso paiono averne sottovalutata la portata innovativa.
Anzitutto, è stato ampliato significativamente il novero delle possibilità di sospensione dell’ordine di esecuzione, ai sensi dell’art. 656, comma 5, c.p.p., atteso che l’art. 545 bis c.p.p. consente l’applicazione di una pena sostitutiva in tutti i casi in cui sia stata comminata la detenzione fino a quattro anni (in luogo degli originari due anni).
La modifica ha inciso inevitabilmente sui rapporti esistenti tra la fase di cognizione e quella esecutiva, anticipando alla fase “di merito” la scelta relativa alle modalità di esecuzione della pena.
Tale aspetto appare di non di poco momento, dacché è di gran lunga preferibile che sia il giudice della cognizione – il quale meglio conosce il profilo dell’imputato – a stabilire le modalità con cui la pena dovrà essere eseguita, piuttosto che la magistratura di sorveglianza, che si basa su un’asettica valutazione cartolare.
Per il giudice della cognizione, invero, è stato cucito un ruolo affatto nuovo, non più circoscritto alla quantificazione della pena, bensì esteso alle modalità con cui quest’ultima dovrà essere eseguita, al fine, evidentemente, di ridurre la mole di lavoro della magistratura di sorveglianza.
Fonte: Giurisprudenza Penale Web, 2023, 5