Pubblicazione legale:
BANCAROTTA FRAUDOLENTA E CODICE DELLA
CRISI D’IMPRESA
La disciplina dell'art. 322 prevista dal
Codice della crisi di impresa, D.Lgs. n. 12 gennaio 2019, n. 14, è in vigore
dal 1 luglio 2022, per quanto previsto dall'art. 389, comma 1, del medesimo
decreto, come modificato dall'art. 42, comma 1, lett. a) del D.L. 30
aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni dalla L. 29 giugno 2022,
n. 79.
La Corte di Cassazione (Cass. Pen.
Sez. V. Sentenza n. 33810/2023) ha ribadito come la nuova disposizione
incriminatrice, che reca la medesima rubrica "Bancarotta
fraudolenta", replica le stesse condotte già previste nell'art.
216 L. Fall., cosicché l'unico
elemento innovativo è di natura lessicale e attiene all'uso dei termini
"fallito" e "fallimento", che vengono sostituiti con il
riferimento a "l'imprenditore dichiarato in liquidazione giudiziale"
e "liquidazione giudiziale", nonché alla modifica della disciplina
delle pene accessorie fallimentari, conseguente alla sentenza della Corte
Costituzionale, n. 222/2018, che già aveva prodotto i suoi effetti sostanziali.
D'altro canto, è stato correttamente
osservato in dottrina come il principio di continuità fra le fattispecie
criminose, prefissato dall'art. 2, comma 1, lett. a), L. 155 del 2017, è
rifluito nella previsione dell'art. 349 del Codice della
crisi che stabilisce con norma generale: "1. Nelle disposizioni
normative vigenti i termini "fallimento", "procedura
fallimentare", "fallito" nonchè le espressioni dagli stessi
termini derivate devono intendersi sostituite, rispettivamente, con le
espressioni "liquidazione giudiziale", procedura di liquidazione
giudiziale" e "debitore assoggettato a liquidazione giudiziale"
e loro derivati, con salvezza della continuità delle fattispecie".
Proprio il riferimento alla
"salvezza della continuità delle fattispecie" viene anche declinato
attraverso la disciplina dell'art. 390, comma 3, del Codice della crisi,
che prevede che in relazione alle procedure a trattarsi con la disciplina della
legge fallimentare, "quando...sono commessi i fatti puniti dalle
disposizioni penali del titolo sesto del regio decreto 16 marzo 1942, n.
267, nonchè della sezione terza del capo II della L. 27 gennaio 2012, n.
3, ai medesimi fatti si applicano le predette disposizioni".
In sostanza, il legislatore del Codice
della crisi per sgombrare il campo da equivoci, pur a fronte, nel caso in
esaminato dalla Cassazione relativo agli artt. 216 L. Fall. e
322 Codice della crisi, di precetti e sanzioni assolutamente identici, comunque
prevede che debba, per i fatti anteriori alla vigenza dell'art. 322, continuare
ad applicarsi la disciplina dell'art. 216 L. Fall.
Va evidenziato come neanche il mutamento
quanto al profilo civilistico della disciplina ha rilievo, in quanto la
sentenza dichiarativa di fallimento fa stato in sede penale e risulta immutata
in assenza di esplicite previsioni normative in senso opposto.
Quanto alle ricadute penali delle
modifiche in sede civile, va inoltre richiamato l'autorevole intervento che ha
consolidato in modo definitivo il principio per cui il giudice penale,
investito del giudizio relativo a reati di bancarotta ex artt. 216 e
seguenti R.D. 16 marzo 1942, n. 267, non può sindacare la sentenza
dichiarativa di fallimento, quanto al presupposto oggettivo dello stato di
insolvenza dell'impresa e ai presupposti soggettivi inerenti alle condizioni
previste per la fallibilità dell'imprenditore.
Il caso era proprio relativo a una
modifica della disciplina dei presupposti per la dichiarazione di fallimento,
apportata all'art. 1 R.D. n. 267 del 1942 dal D.Lgs. n. 9 gennaio
2006, n. 5 e dal D.Lgs. n. 12 settembre 2007, n. 169, che le Sezioni Unite
chiarirono non avere alcuna influenza ai sensi dell'art. 2 c.p. sui
procedimenti penali in corso (Sez. U, n. 19601 del 28/02/2008, Niccoli, Rv.
239398 - 01; Sez. 5, n. 21920 del 15/03/2018, Sebastianutti, Rv. 273188 - 01;
Sez. 5, n. 9279 del 08/01/2009, Carottini, Rv. 243160 - 01).
Pertanto, in tema di bancarotta
fraudolenta, sussiste piena continuità normativa fra la previsione dell'art.
216 L. Fall. e l'art. 322 del Codice della crisi e
dell'insolvenza di impresa (D.Lgs. n. 12 gennaio 2019, n. 14) in vigore dal
1 luglio 2022, per quanto previsto dall'art. 389, comma 1, del medesimo
decreto, come modificato dall'art. 42, comma 1, lett. a) del D.L. 30
aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni dalla L. 29 giugno 2022,
n. 79., per l'identità della formulazione delle due norme incriminatrici, al
netto di non rilevanti, in sede penale, aggiornamenti lessicali e la
disciplina antecedente, da applicarsi ai sensi della disciplina transitoria
dell'art. 390, comma 3, Codice della crisi, in ordine a tutti i casi in
cui vi sia stata dichiarazione di fallimento, non determina alcun trattamento
deteriore, rilevante ai fini dell'art. 2 c.p..
Avv. Emanuele Crozza