Pubblicazione legale:
Il discrimine tra omicidio doloso mosso da dolo eventuale e omicidio preterintenzionale non è sempre facilmente individuabile. Il confine è sfumato. Caso di un imputato condannato per omicidio volontario, e non omicidio preterintenzionale, avendo colpito colpito con una tecnica appresa da pugile (sequenza di pugni
al volto).
La sentenza effettua ricognizione degli " indicatori del dolo eventuale, cristallizzati dalla pronuncia delle
Sezioni Unite del 18 settembre 2014, n.38343, Thyssenkrupp, che
contribuiscono ad orientare la scelta del giudice nel compito di
verificare la sussistenza dell'elemento volitivo in capo al soggetto
agente. Sul punto, l'iter argomentativo della pronuncia impugnata è scevro da vizi logici e giuridici. Fa leva: a) sulla pregressa esperienza dell'agente, avendo, invero,
l'imputato praticato la boxe dai 13 ai 17 anni e, quindi, agito, nel
caso in esame, nella consapevolezza che, scagliandosi con la massima
intensità contro il volto di C., questi sarebbe stato neutralizzato e
conseguentemente sarebbe stramazzato al suolo, cadendo - non trovandosi
in un ring - su una superficie rigida e con spigoli; b) sulla zona
vitale attinta, avendo G.F. colpito la vittima al volto, che rappresenta
senza alcun dubbio una zona vitale, come precisato anche dal consulente
del Pubblico ministero, che ha chiarito che tutta la parte anatomica
che va dal setto nasale a salire, quindi verso la tempia, va ritenuta
punto vitale, essendovi comunque la possibilità che vengano causate
emorragie interne; c) sulla modalità con cui i colpi sono stati inferti,
avendo il prevenuto posto in essere una sequenza di colpi - ben quattro
pugni di cui conosceva la micidialità - e, quindi, usato una tecnica
replicabile solo da chi conosce le tecniche fondamentali di
combattimento, tanto da assumere una posizione di guardia e mantenere
una certa distanza dalla vittima in modo da sferrare pugni alla massima
potenza, come emergente dalla dinamica fattuale interamente ripresa
dalle telecamere e analizzata dal teste M.Z. (esperto di tecniche di
combattimento in servizio presso la Polizia di Stato); d) sulla condotta
post delictum di G.F., che, una volta sferrati i colpi micidiali e pur
avendo avuto modo di percepire che il rivale era caduto inerme al suolo,
si allontanava con freddezza, senza mostrare alcun tipo di
preoccupazione." (Cassazione Penale 11985/2025)