Pubblicazione legale:
L’art. 2929-bis c.c., inserito dall’art. 12, c. 1 D.L. 83/2015 e ulteriormente modificato dall’art. 4, D.L. 59/2016, ha introdotto la facoltà per il creditore, pregiudicato da particolari tipologie di atti compiuti dal debitore, di espropriare direttamente i beni sottratti alla garanzia patrimoniale, a prescindere dalla dichiarazione di inefficacia degli stessi a seguito di azione giudiziale, in precedenza invece necessaria. La disposizione consente infatti al creditore di procedere ad espropriazione forzata o di intervenire nel processo esecutivo senza il previo esercizio dell’azione revocatoria, quando l’atto di disposizione pregiudizievole riguardi beni immobili o mobili registrati e sussistano i seguenti requisiti: sia compiuto a titolo gratuito dal debitore su propri beni successivamente al sorgere del credito, e si sostanzi pertanto in un’alienazione priva di corrispettivo (donazioni, trasferimenti a titolo gratuito in giudizi di separazione o divorzio, trust trilateri); ovvero, quando abbia creato un vincolo di indisponibilità (fondo patrimoniale, trust autodichiarati, vincoli di destinazione ex art. 2645-ter c.c.). È stata così introdotta una disciplina ispirata ad un evidente favor creditoris, in quanto tale strumento di tutela consente un notevole risparmio di tempo e di spese processuali alla parte creditrice per il realizzo coattivo del credito, atteso che gli atti di disposizione di cui sopra si presumono ora stipulati in frode ai
creditori e la cognizione sulla sussistenza dei presupposti per la revocabilità è demandata all’iniziativa del debitore opponente. In passato, invece, l’unico rimedio a disposizione del creditore pregiudicato da tali atti dispositivi era l’esercizio dell’azione revocatoria, con tutti i conseguenti incombenti, in termini di costi, di tempistica, nonché di oneri probatori.
Fonte: Ratio Società