Diritto alla ragionevole durata del processo

Scritto da: Anastasia Fiorio - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

Un danno non patrimoniale ipotizzabile nei confronti delle persone giuridiche è quello relativo alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo.

In tal senso si premette che il danno all’immagine rappresenta una delle più significative forme di danno non patrimoniale configurabili in capo alle persone giuridiche. La progressiva apertura della giurisprudenza italiana alla tutela dei diritti inviolabili anche per gli enti collettivi ha determinato un ampliamento delle ipotesi risarcitorie, includendo non solo i casi di lesione della reputazione o dell’identità esterna, ma anche situazioni connesse al diritto alla ragionevole durata del processo, come sancito dall’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU).

Com'è noto, l'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali statuisce che «Ogni persona ha diritto a un'equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti a un tribunale indipendente e imparziale costituito per legge, al fine della determinazione sia dei suoi diritti e dei suoi doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta... ».

Per dare attuazione al citato dettato normativo, la legge 24 marzo 2001, n. 89, nota come legge Pinto, ha regolamentato il procedimento per l'equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo; procedimento azionabile tanto da una persona fisica quanto da una persona giuridica.

Sul punto, la Suprema Corte così si è espressa: «La persona giuridica, se non può per sua natura subire dolori o turbamenti, è portatrice dei diritti della personalità compatibili con l'assenza di fisicità, e quindi del diritto all'esistenza, all'identità, al nome, all'immagine e alla reputazione; pertanto, è configurabile in capo alla stessa un danno non patrimoniale per l'irragionevole durata del processo indennizzabile ai sensi della legge 24 marzo 2001 n. 89» (cfr. in tal senso Cass. civ., Sez. I, 2 agosto 2002, n. 11573).

Non va però sottaciuto che, sebbene oggi non vi siano dubbi in astratto circa la risarcibilità (rectius indennizzabilità) del danno da irragionevole durata del processo anche in capo alle persone giuridiche, la Cassazione ne ha sempre escluso l'automatismo.

Già nella citata sentenza del 2002, rilevava che «l'irragionevole durata del processo può produrre un danno non patrimoniale alla persona giuridica a condizione che il tema del dibattito coinvolga, direttamente o indirettamente, gli indicati diritti della personalità, pregiudicandoli per effetto del perdurare della situazione d'incertezza connessa alla pendenza della causa. Ciò comporta, rispetto alle controversie con oggetto esclusivamente economico, che il danno non patrimoniale per irragionevole durata del processo, mentre è configurabile rispetto alla persona fisica anche sulla base della mera tensione o preoccupazione che comunque detta durata sia in grado di provocare, può essere ravvisato per la persona giuridica solo se risulti un effettivo rifluire del fattore tempo a scapito dei menzionati diritti della personalità di cui anch'essa è portatrice».

In pronunce successive, la Suprema Corte, pur consapevole dell'orientamento della Corte di Strasburgo che tende a presumere il danno una volta accertata l'eccessiva durata del processo ha precisato che «in tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo ai sensi dell'art. 2 della l. n. 89 del 2001, anche per le persone giuridiche il danno non patrimoniale, inteso come danno morale soggettivo correlato a turbamenti di carattere psicologico, è conseguenza normale, ancorché non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, a causa dei disagi e dei turbamenti di carattere psicologico che la lesione di tale diritto solitamente provoca alle persone preposte alla gestione dell'ente o ai suoi membri; ne consegue che una volta accertata e determinata l'entità della stessa, il giudice deve ritenere tale danno esistente, sempre che non risulti la sussistenza, nel caso concreto, di circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente» (Cassazione civile, sez. VI, ordinanza 12 marzo 2016, n. 7034).

In conclusione il danno all’immagine e, più in generale, il danno non patrimoniale subito dalle persone giuridiche per l’irragionevole durata del processo, trova oggi pieno riconoscimento normativo e giurisprudenziale. Pur in assenza di una soggettività emotiva, gli enti collettivi sono portatori di interessi costituzionalmente rilevanti. La Legge Pinto consente, entro un quadro procedurale articolato e rigoroso, l’ottenimento di un ristoro equo per la lesione subita, garantendo così un bilanciamento tra l’efficienza dell’apparato giudiziario e i diritti fondamentali degli utenti, siano essi persone fisiche o giuridiche.




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Anastasia Fiorio

Avvocato civilista




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