Pubblicazione legale: 
					
Le violenze, non solo fisiche ma anche morali, commesse da un coniuge 
nei confronti dell’altro durante il matrimonio, giustificano la 
richiesta di separazione con addebito a carico del coniuge violento.
Questo principio, ormai pacifico, trova applicazione nei giudizi di separazione già da svariati decenni.
Cosa accade, però se il coniuge violento opponga che vi siano altre 
cause, responsabili della rottura della relazione, addebitabili 
all’altro coniuge (per esempio, quando quest’ ultimo abbia intrattenuto 
una relazione extraconiugale o sia venuto meno ad altri doveri, 
derivanti dal matrimonio, quale quello di reciproca assistenza, 
economica e morale)?
La Prima Sezione della Corte di Cassazione, in una recente pronuncia, ha
 confermato, con cristallina chiarezza, i suoi più recenti orientamenti:
 “Le reiterate violenze fisiche e morali, inflitte da un coniuge 
all’altro, costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti 
dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di 
separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità 
della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità 
all’autore di esse”, e ancora “… il loro accertamento esonera il giudice
 del merito dal dovere di procedere alla comparazione, ai fini 
dell’adozione delle relative pronunce, col comportamento del coniuge che
 sia la vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione 
della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti 
omogenei” (Cass., n. 31901 del 10.12.2018).
In sostanza, le violenze, siano esse fisiche o morali, perpetrate da un 
coniuge nei confronti dell’ altro, sono considerate atti così gravi, che
 diventa irrilevante la condotta dell’altro coniuge (a meno che non sia 
anch’essa connotata da caratteri di violenza). Al punto che il giudice 
della separazione non deve operare alcun giudizio di comparazione con i 
comportamenti del coniuge vittima di violenze, anche qualora il suo 
comportamento abbia contribuito a compromettere l’unità matrimoniale.
Avv. Alida Manfredi